Venditrice di frittelle
Gerrit Dou (Leida 1613–1675)
La deliziosa scenetta è stata concepita per una visione lenta e ravvicinata, tale da poter godere appieno della fresca inventiva di questo pittore olandese allievo di Rembrandt, assai noto e ricercato ai suoi tempi come specialista di pittura ‘di genere’, un modello che si diffonde sin dalla metà del Cinquecento, partendo dai Paesi Bassi e interessando ben presto anche gli artisti italiani, soprattutto in area lombarda e veneta. La definizione ‘pittura di genere’ indica una particolare tipologia di soggetti e storie (come feste, mercati o scene che si svolgono negli interni di abitazioni) tratte dalla vita quotidiana di città o di campagna che hanno per protagonisti personaggi di ceti borghesi o popolari osservati dal vero, senza gli intenti celebrativi e i vincoli iconografici richiesti dai temi religiosi, mitologici e storici. Questo tipo di produzione, di dimensioni e costi inferiori rispetto a pale d’altare, ritratti ufficiali o cicli ad affresco, e per questo abbordabile anche da fasce più ampie di pubblico, divenne nel Seicento un veicolo di rappresentazione della società dell’epoca, e perciò costituisce un documento importante per approfondire la conoscenza di quel mondo.
La stradina di paese delimitata a sinistra da un grande albero dal tronco nodoso è la scenografia di fondo sulla quale compare una vecchia affaccendata al suo banchetto da ambulante. Il cesto di frutta, la pignatta colma di zuppa, la botticella di vino e soprattutto la padella al fuoco, ricolma d’olio per preparare le frittelle, sono gli arnesi necessari al suo lavoro: cucinare cibo caldo e frittelle da vendere ai passanti. Tra questi non tardano a comparire due bambine che, sulla strada di ritorno da scuola, non hanno resistito ai suoi dolcetti; la più grande si sporge per consegnarle alcune monetine mentre la più piccola è già occupata ad addentare la leccornia appena conquistata. Alle spalle della vecchia giunge un uomo, portando un recipiente con altro cibo da esporre, ma stavolta guarda dritto verso lo spettatore, esattamente come il cagnolino accoccolato ai piedi della padrona nella parte inferiore della scena. Gerrit Dou si sofferma con curiosità a descrivere analiticamente ogni oggetto, dal paiolo in rame con il suo mestolo alla bilancia, dalla botte di legno alla cesta di vimini nella quale è riposta una bottiglia. Con la medesima lucidità vengono esaminati gli abbigliamenti tipici della moda del tempo, i colletti arricciati, le scarpe col fiocco, i cappelli. La luce dorata inonda la scena di un caldo tono autunnale, rendendo più toccante questo quadro di vita vissuta che, in un piccolo frammento, quasi una ripresa fotografica, racconta ciò che un viaggiatore poteva vedere in una qualsiasi fra le città olandesi dell’epoca.
M. Chiarini, Gli Uffizi. Catalogo Generale, Firenze 1979, p. 252; B. W. Meijer, Rembrandt nel Seicento toscano, Firenze 1983, p. 25; Il secolo di Rembrandt. Pittura olandese del Seicento nelle Gallerie fiorentine, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 27 giugno – 9 settembre 1978), a cura di M. Chiarini, Firenze 1987, p. 74; I dipinti olandesi del Seicento e del Settecento, a cura di Marco Chiarini, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1989, pp. 108-109.