La Madonna del Baldacchino di Raffaello in mostra a Pescia
Il progetto Uffizi Diffusi riporta l'opera nella chiesa in cui è stata oggetto di devozione per 150 anni
La Madonna del Baldacchino di Raffaello in mostra a Pescia
La grande pala d’altare realizzata da Raffaello alla fine del suo periodo fiorentino, magnifica ed incompiuta, dalla Galleria Palatina di Palazzo Pitti giunge a Pescia nella chiesa che l’aveva accolta per oltre un secolo e mezzo tra Cinquecento e Seicento.
L’opera è in mostra fino al 1 ottobre nella Cattedrale della città toscana, posta a confronto con la copia commissionata al pittore fiorentino Pier Dandini alla fine del XVII secolo. L’evento, di portata storica, è il risultato di un progetto speciale messo in atto nell’ambito del programma degli Uffizi Diffusi; a sostenere l’ambiziosa operazione è la Fondazione Caript.
In vista della sua ‘trasferta’, la Madonna del Baldacchino è stata sottoposta a un leggerissimo intervento di consolidamento nella porzione più alta del supporto ligneo e ad accurate indagini diagnostiche da parte dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Il responso degli specialisti ha stabilito che l’opera sta bene, può essere spostata a Pescia ed essere esposta nella chiesa senza problemi.
Della storia di questo capolavoro sappiamo molto grazie alla testimonianza di Giorgio Vasari che ricorda come Raffaello avesse ricevuto la commissione del dipinto dalla famiglia Dei, titolare di una cappella nella chiesa di fiorentina di Santo Spirito. Chiamato a Roma nell’autunno del 1508 da papa Giulio II che gli affidò la decorazione dei suoi appartamenti in Vaticano (oggi noti universalmente come Stanze di Raffaello), l’Urbinate lasciò incompiuta la pala che dunque non raggiunse mai la chiesa e fu rimpiazzata nel 1522 dalla Sacra Conversazione di Rosso Fiorentino, anch’essa oggi esposta nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti. Dopo la morte di Raffaello (o forse anche prima), giunse a Pescia attraverso Baldassarre Turini, potente segretario di Leone X e datario apostolico, grande amico di Raffaello di cui fu pure esecutore testamentario, rampollo di una delle famiglie più in vista di Pescia, che la destinò alla cappella della sua famiglia nella Cattedrale della sua città natale. Qui rimase fino al 1697, anno nel quale fu comprata dal Gran Principe Ferdinando de’ Medici, figlio del granduca Cosimo III ed erede al trono granducale. La vendita scatenò violente reazioni da parte dei pesciatini, profondamente legati al culto della Vergine e al quadro di Raffaello, tanto che fu necessario spostarla di notte per poterla trasportare a Firenze, sostituendola con una copia eseguita dal fiorentino Pier Dandini. Giunta a Palazzo Pitti, la pala fu appesa nell’appartamento di Ferdinando, nell’ala meridionale del primo piano. Per adattarla al contesto della collezione principesca e alla cornice lignea intagliata e dorata che ancora possiede, la pittura fu ampliata nella parte superiore dal pittore di corte Niccolò Cassana; si spiegano così il coronamento del baldacchino a forma di cono e la calotta a lacunari che ricalca quella del Pantheon a Roma. L’invenzione di Raffaello è una delle sue più memorabili per l’armonia delle figure, la delicatezza delle espressioni e la capacità di costruzione dello spazio, arioso e monumentale ma al tempo stesso misuratissimo, elementi che provano quanto Raffaello padroneggiasse con autonomia i modelli appresi a Firenze da Fra Bartolomeo, Leonardo e Michelangelo.