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Mostre | Dal 04/10/2021 al 15/01/2022, prorogato al 05/02/2022

Un ospite da Vienna. Il ritratto di Jacopo Strada di Tiziano

Un ospite da Vienna. Il ritratto di Jacopo Strada di Tiziano

Il capolavoro assoluto del maestro veneto, in prestito dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, sarà esposto nella Sala Bianca di Palazzo Pitti fino a gennaio 2022

Nella reggia di Palazzo Pitti abiterà un illustrissimo inquilino: si tratta del colto antiquario e studioso lombardo del Cinquecento, Jacopo Strada, dipinto da Tiziano Vecellio. Accolta fin dal Seicento nelle collezioni d’arte degli Asburgo a Bruxelles e poi a Vienna ed oggi tra i capolavori del Kunsthistorisches Museum nella capitale austriaca, l’opera è stata eccezionalmente concessa in prestito alle Gallerie degli Uffizi per l’esposizione intitolata Un ospite da Vienna: Jacopo Strada di Tiziano, allestita in Sala Bianca dal 5 ottobre 2021 al 16 gennaio 2022. Antiquario, architetto, orafo, scrittore, collezionista, mercante d’arte, Jacopo Strada (Mantova, circa 1515 – Vienna, 1588) fu senza dubbio tra le figure più culturalmente energiche e poliedriche nell’Europa del Cinquecento. Nato da una nobile famiglia mantovana, si formò negli studi umanistici all’ombra del raffinato circolo culturale riunito intorno alla corte dei Gonzaga; quindi, nel 1546, andato a vivere in Germania, dove avviò una fruttuosa attività come consulente d’arte dei maggiori collezionisti del tempo, tra i quali il potentissimo banchiere Jakob Fugger, l’imperatore Ferdinando I d’Asburgo e il duca di Baviera Alberto V. I numerosi viaggi in Italia, alla ricerca di sculture antiche, medaglie, disegni e dipinti dei maggiori maestri del Rinascimento, lo portarono in particolare a Roma e a Venezia, dove nel 1567 tentò invano di acquistare la collezione del senatore Gabriele Vendramin, amico e committente di Tiziano. Risale proprio a questa occasione l’incontro con Tiziano e la realizzazione del dipinto ora esposto in sala Bianca a Palazzo Pitti. È uno degli ultimi ritratti eseguiti da Tiziano, che aveva da tempo abbandonato questo genere pittorico nel quale pure aveva dato prove altissime, molte delle quali si possono ammirare proprio nell’ex reggia medicea, nelle sale della Galleria Palatina, ed anche agli Uffizi. Tiziano riuscì a interpretare in modo originale la personalità del protagonista, rinunciando a metterlo in posa e scegliendo piuttosto di rappresentarne un frammento di vita. Ritratto in primo piano, elegantissimo nell’abito rosso completato dal farsetto di velluto nero, dalla catena d’oro, dalla spada e dalla pelliccia appoggiata con noncuranza sulla spalla, Jacopo sta sollevando una statuetta di Venere dal tavolo sul quale sono appoggiati altri reperti antichi: un torso, una statua in bronzo, monete di imperatori romani. Con uno scatto, volge la testa a destra, indirizzando uno sguardo deciso a interlocutori esterni alla scena, e Tiziano ci fa sentire tutta la vitalità di quel movimento, sia nel contrapposto tra le braccia e il volto, sia nella fulminea intensità degli occhi azzurri. Molti altri oggetti preziosi, disposti accuratamente nel piccolo ambiente, concorrono a definire una scenografia ideale e celebrativa del facoltoso antiquario: i libri, una statua bronzea di Ercole, un melograno, la sontuosa cartouche con l’iscrizione latina in cui Strada viene definito civis romanus (titolo a lui conferito dal papa nel 1555) e “antiquario” imperiale. Il rapporto con il pittore veneto, che probabilmente fu anche intesa d’affari, viene infine ribadito nell’intestazione della lettera in primo piano, su cui si legge “al Mag(nifico) Sig (nore) il Sig (nor) Tit (iano) Vec (ellio).

La mostra pone il ritratto in dialogo con una piccola Venere antica scolpita in marmo, simile a quella tenuta tra le mani dallo Strada nel dipinto. Questa opera, ancorchè di ridotte dimensioni, vanta una lunga e prestigiosa storia collezionistica. Carte d’archivio testimoniano la sua presenza sui palchetti della Tribuna almeno a partire dagli inizi del XVIII secolo. Di antico, la figura conserva soltanto il torso con la parte superiore delle gambe. Il frammento fu però abilmente integrato da uno scultore del XVI secolo che dette vita ad un’immagine della dea Afrodite con, nella mano sinistra, il pomo che si immagina aver appena ricevuto da Paride. 

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