Apoxyomenos (atleta con lo strigile), Arte romana
Apoxyomenos (atleta con lo strigile), Arte romana
Apoxyomenos (atleta con strigile)
Arte romana
Copia del II sec. d. C. da un originale greco del IV sec. a. C.
h. 193 cm
Inv. 1914 n. 100
Inventario e materiali: Inv. 1914 n. 100. Marmo greco a grana media; integrazioni in marmo italico leggermente venato di grigio.
Misure: Per l’altezza della statua sono state indicate misure che vanno da 1,95 a 1,94 m, ma gli studiosi che più direttamente si sono occupati della scultura l’hanno fissata a 1,93 m. Queste oscillazioni non devono sorprendere, visto che la superficie superiore del plinto non è perfettamente piana. Istruttivo è anche il confronto tra la statua degli Uffizi e le repliche in bronzo trovate a Efeso (alt. 1,925 m) e preso l’isola di Lussino (alt. 1,92 m). La distanza tra il capezzolo destro e l’ombelico è di 0,245 m sia nella statua fiorentina, che nelle due repliche in bronzo; quella tra il capezzolo sinistro e l’ombelico nell’Atleta degli Uffizi misura 0,265, nella replica di Vienna 0,285 m, in quella di Lussino 0,285 m. La distanza tra i malleoli interni, che nella statua fiorentina è di 0,195 m, in quella di Vienna è di 0,155 m e in quella di Lussino di 0,175 m. Nella replica viennese questa distanza è stata ricostruita dai restauratori ed è quindi ipotetica; nella statua di Lussino le gambe hanno subito qualche trauma, ma la distanza tra i malleoli trova un riscontro nel plinto bronzeo, o meglio nelle impronte conservate sul suo lato superiore: è quindi probabile che sia questa la misura più vicina a quella dell’archetipo. Nella copia fiorentina la maggiore distanza tra i piedi si spiega con il peso della statua, scolpita in marmo, e con l’esigenza di aumentarne la stabilità.
Provenienza e vicende collezionistiche: La statua, verosimilmente arrivata da Roma intorno alla metà del Cinquecento, è attualmente esposta nel primo corridoio degli Galleria degli Uffizi, dove giunse all’epoca della sua formazione, dopo essere stata esposta nella Sala delle Nicchie a Palazzo Pitti. La sua presenza viene puntualmente segnalata negli inventari della Galleria, che non registrano suoi spostamenti. Sul plinto e sul sostegno si leggono ancora i seguenti numeri: un 4 scritto in vernice rosso scura (inv. 1753), un 37 in vernice paonazza (inv. 1769); un 131 in vernice rossa (inv. 1825); un 100 in vernice nera (inv. 1914).
Disegni e incisioni: Non sono noti disegni dell’Atleta con lo Strigile, la cui conoscenza venne dapprima assicurata da incisioni, come quelle pubblicate da Gori, da David e dallo Zannoni. Per il mondo scientifico la possibilità di apprezzarne le qualità fu facilitata dalla riproduzione della statua in importanti pubblicazioni dedicate alla plastica antica.
Stato di conservazione e restauri: Nel complesso la statua è ben conservata. Alcune fratture, rilevabili nel corpo dell’Atleta, potrebbero essersi verificate durante i numerosi trasporti, ai quali fu sottoposto in epoca moderna. Diversamente da quanto è stato da alcuni sostenuto, il volto appare praticamente intatto. Sui capelli, nella zona compresa tra le corte ciocche poste sopra la fronte e quelle più corpose, che si trovano alla sommità del capo, c’è un incasso di forma rettangolare, orientato trasversalmente e leggermente spostato verso la metà destra del volto. L’incasso, profondo circa 2 cm, ha una lunghezza di circa 3 cm, mentre la sua larghezza arriva a 2,1 cm. Secondo Amelung doveva servire a fissare una corona da vincitore, probabilmente metallica: a confronto egli richiamava una gemma, il cui intaglio mostra un atleta con lo strigile, alla cui destra è raffigurata una corona, sotto la quale si trova un vaso, nel quale è infilato un ramo di palma.
Gli omeri, antichi fino ai gomiti, hanno guidato il restauratore cinquecentesco nel decidere l’inclinazione degli avambracci, entrambi moderni, che furono applicati con commettiture piane. Il vaso di marmo, tenuto con tra le mani, è ricomposto da più pezzi, alcuni dei quali secondo Mansuelli sarebbero antichi, ma questo non è sicuramente il caso del lungo collo, lavorato nello stesso marmo degli avambracci. Il corpo baccellato del vaso, scolpito in un solo pezzo di marmo bianco a grana fine, potrebbe essere antico, ma non è pertinente alla statua. Alla sua estremità inferiore non troviamo il piede, evidentemente perduto, sostituito da un informe disco che lo collega alla mano sinistra. Secondo Bloch potrebbero essere di restauro anche il sesso e il plinto, ritenuto moderno pure da Dütschke, ma l’indicazione non corrisponde al vero. Nel sesso il pene è applicato e potrebbe essere moderno, ma lo stesso non si può dire per la parte restante. Il tronco di palma, lavorato solo nella parte anteriore, è solidale alla gamba destra e al plinto: le tre parti vanno dunque considerate antiche. In entrambe le caviglie si nota una linea sottile di frattura, che corre poco sopra la noce del piede, ma che non deve aver mai comportato una vera e propria rottura. Linee di frattura più nette attraversano l’omero sinistro (a metà del bicipite) e l’attacco delle gambe, passando sopra la peluria pubica, il cui margine superiore potrebbe essere stato regolarizzato modernamente. All’esterno della coscia sinistra c’è una zona rettangolare di colore più chiaro: qui si trovava l’attacco del puntello antico, destinato a sostenere il polso sinistro. Il puntello fu eliminato quando il restauratore decise di far scendere più in basso la mano, per sostenere la quale fu necessario un nuovo puntello, che poggia sul lato anteriore della coscia sinistra. Un puntello simile sorregge il braccio destro, poco prima del gomito: è probabile che sia antico, ma sembra aver subito una rilavorazione. Di restauro è anche la parte anteriore del pollice del piede destro; un piccolo tassello è stato inserito sull’esterno del piede sinistro. Sul lato superiore e su quello destro il plinto è tagliato secondo una linea curva, forse in vista dell’inserimento in una nicchia.
Chi guidò il restauro cinquecentesco fu probabilmente ispirato dalle fonti antiche che parlano delle unzioni degli atleti, collegandole ad ampullae e strigili (Apul. Flor. 1, 9, pp. 22-23). La conoscenza degli agoni antichi era stata d’altra parte incrementata non solo da trattati come quello sull’ars gymnastica di Girolamo Mercuriale, apparso nel 1549, che ebbe una notevole diffusione, favorita da molte ristampe.
Analisi: La statua, che raffigura un atleta in nudità ideale, riproduce un archetipo in bronzo databile intorno alla metà del IV secolo a.C., che è stata attribuito a un allievo di Policleto. Il suo atteggiamento era quello di pulire lo strigile o, più verosimilmente di passarlo sul dorso della mano sinistra. L’atleta appare concentrato nell’azione che sta svolgendo, verso la quale l’ovale delle braccia e l’inclinazione del capo orientano lo sguardo dell’osservatore. Il peso del corpo grava sulla gamba destra, dalla quale sale un flusso di energia, che già all’altezza delle mani viene incanalato verso il lato sinistro del corpo, dalla parte della gamba che tocca il suolo solo con la parte anteriore del piede. L’elasticità dell’impostazione è peraltro bilanciata dall’architettura del corpo, dove le ampie spalle e i pettorali possenti concludono lo slancio delle lunghe gambe. Il volto si distacca dai canoni tradizionali dell’età classica, specie per la larghezza degli zigomi. Sembra quasi che l’artista abbia voluto contrapporre un volto con tratti ancora da adolescente allo sviluppo del corpo, che aveva consentito all’atleta di partecipare con successo alle competizioni dei ragazzi, misurandosi con successo in un agone pesante, verosimilmente il pugilato, come suggeriscono i padiglioni auricolari leggermente rigonfi. Sui limiti di età di queste gare, riservate ad atleti che non avevano ancora raggiunto l’età adulta, si continua a discutere: alcuni pensano che vi fossero ammessi atleti fino a diciannove anni, altri pensano che il limite superiore fosse rappresentato dai diciotto anni. Certo è che anche ai vincitori di queste gare venivano tributati onori e celebrazioni. Basti pensare ad Antipatro di Mileto, vincitore nel pugilato dei ragazzi nel 388 o nel 384 a.C., che Dionisio I cercò di corrompere perchè si dichiarasse siracusano, ma che nell’iscrizione della statua, scolpita da Policleto II, dichiarava di essere stato il primo degli Ioni a vincere a Olimpia, dove ricevette grandi onori anche Ateneo di Efeso, vincitore nella stessa gara, forse nel 352 a.C. In questo contesto potrebbe avere un senso il fatto che due delle copie in bronzo dell’Atleta con lo Strigile (quella di Efeso e la testa Nani) appaiono lavorate in una stessa bottega, da localizzare in Asia Minore. Degno di nota è anche il fatto che Plinio (nat. hist. 34, 55) citi un Apoxyomenos, opera di un Policleto, che potrebbe essere quello più giovane.
L’esistenza di copie fedeli in materiali diversi (marmo, basanite, bronzo), accompagnata da versioni di formato ridotto e da varianti, conferma in ogni caso che l’archetipo dell’Atleta con lo strigile era un’opera famosa di età classica, la cui struttura non sembra toccata da quelle ricerche di un inserimento più dinamico della figura nello spazio, che possiamo cogliere nel Giovane di Antikythera e nell’Apoxyomenos di Lisippo. Nella replica degli Uffizi risultano attenuati alcuni tratti peculiari del volto; anche la resa dei capelli è meno analitica, specie sulla parte alta del capo e sul retro. Il taglio degli occhi e delle labbra socchiuse appare netto ed elegante, mentre il modellato del volto è improntato a un gusto classistico sobrio, ma raffinato, che ci indirizza verso un periodo compreso tra il 130 e il 150 d.C. Una conferma in questo senso è offerta dal sostegno a forma di tronco di palma, di un tipo attestato in statue dell’epoca.
Bibliografia
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