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Fiasca

Botteghe granducali e Gian Ambrogio e Gian Stefano Caroni (?), Jaques Bylivelt (Delft 1550 – Firenze 1603), su disegno di Bernardo Buontalenti (Firenze, 1523 – 1608)

Data
1583 - 1584
Tecnica
Lapislazzuli, oro fuso, cesellato e smaltato, rame dorato
Dimensioni
40,5 x 12 cm
Inventario
Gemme 1921 n. 802

Il vaso, capolavoro uscito dalle botteghe del Casino di San Marco istituite da Francesco I de’ Medici nella seconda metà del Cinquecento, è composto di cinque pezzi di lapislazzuli di eccezionale qualità che formano piede, corpo, collo (diviso in due) e coperchio. Sulla base la data “1583”, incisa accanto alle iniziali di Francesco “FM” e allo stemma mediceo, indica il completamento della parte lapidea, probabilmente opera degli abili intagliatori milanesi Gian Ambrogio e Gian Stefano Caroni, chiamati a Firenze fin dal 1572. Questi lavorarono su un progetto di Bernardo Buontalenti, come testimonia il disegno conservato nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. n. 694 Orn), che contiene l’idea cardine di tutto l’oggetto, ossia le due prese costituite da due sfingi alate terminanti a coda di pesce da realizzare in rilievo, ma apportandovi delle varianti: l’intagliatore ha reso infatti le foglie dalle quali il corpo del vaso si erge come foglie d’acanto in rilievo, mentre è assente l’ornamento indicato dal Buontalenti sulla banda del corpo.

I riflessi dorati del lapislazzuli, dovuti a inclusioni di pirite, ispirarono forse la sfarzosa montatura in oro smaltato che completa le figure delle due sfingi alate con lunghi colli e teste di oro smaltato che, come le fasce sul piede e sul coperchio, sono opera dell’orafo olandese Jaques Bylivelt, autore della corona granducale, che consegnò l’oggetto finito il 16 marzo 1584.

Il vaso figura già nell’inventario della Tribuna degli Uffizi del 1589 e ancora nell’inventario del 1753 viene descritto con la sua montatura intatta che invece fu purtroppo compromessa dal furto di diverse parti preziose, perpetrato dal primo custode di Galleria Giuseppe Bianchi ai danni di molti oggetti preziosi del Tesoro mediceo, scoperto nel 1768.

Testo di
Maria Sframeli
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