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Giuseppe e Vittorio Jacquier e la fotografia del “Bel Paese”

Giuseppe Jacquier (Torino 1824 - Firenze 1892) e Vittorio Jacquier (Firenze 1865-1935)

Data
1873 ca - 1935 ca
Tecnica
fotografia su lastra di vetro
Inventario
Fotografico da 239 a 103719

Il 28 luglio 1943 la Soprintendenza alle Gallerie acquista dalla ditta Jacquier 7142 negativi su lastra di vetro in formati diversi. Il fondo, diminuito di circa 1500 negativi a seguito dell’alluvione del 1966, è costituito da fotografie eseguite tra il 1873 e il 1935 da Giuseppe e suo figlio Vittorio. Siamo nella seconda metà dell’Ottocento, epoca in cui persiste l’immagine romantica, tramandata soprattutto dai viaggiatori inglesi di inizio secolo, di un’Italia scrigno di rovine archeologiche e grandiose architetture; di conseguenza la clientela degli studi fotografici, in questo periodo molto fiorenti, richiede principalmente immagini dei panorami e dei monumenti delle città d’arte italiane. Grande è l’interesse per i luoghi toscani, soprattutto per Firenze, meta di molti fotografi come il torinese Giuseppe Jacquier. Il suo studio, di cui il figlio Vittorio diviene titolare nel 1895, ha un’ampia committenza, anche a livello nazionale: il turista francese o inglese di passaggio, gli editori di guide di larga diffusione, commercianti d’arte e antiquari, collezionisti e critici d’arte, amministratori che vogliono documentare la costruzione di nuovi edifici (come le terme di Montecatini).
La produzione dei due fotografi segue le fasi di sviluppo della tecnica fotografica, come l’introduzione, a partire dal 1880, delle lastre di vetro al bromuro d’argento, un tipo di negativo che, anche grazie all’uso di grandi formati, presenta migliore sensibilità ai colori e, diversamente dal precedente calotipo, permette di ottenere un’immagine più precisa, con i particolari ben messi in evidenza. Infine l’invenzione di apparecchi fotografici più maneggevoli e la riduzione dei tempi di posa consentono nuove scelte compositive.
Il fondo Jacquier può essere suddiviso in due settori tematici: vedute architettoniche e panoramiche di Firenze e altre città (non solo toscane) e riproduzioni di opere d’arte di musei e collezioni private.
Le vedute, permeate dall’ammirazione per l’arte della civiltà occidentale, risentono della tradizione di incisori, pittori e anche fotografi (come Alinari). Le riprese, spesso effettuate con il sole alto e nella stagione estiva, sono caratterizzate da grande eleganza formale e in genere seguono i tradizionali percorsi “da cartolina”: panorami dall’alto, chiese, palazzi, piazze, ponti. Non mancano i luoghi venerati dal turista “romantico” (come ad es. il cimitero delle Porte Sante a Firenze). Come tanti fotografi ottocenteschi, i Jacquier centrano l’immagine su un monumento riconoscibile, ma la arricchiscono con il loro personale stile: spesso un edificio celebre è inquadrato da finestre, balconi, archi e appare quasi come incorniciato. Il punto di vista è preferibilmente alto e non di rado sono scelti scorci inconsueti che non tutti i turisti conoscono. Per attirare il mercato degli estimatori del passato medievale, a volte è utilizzata la tecnica del fotomontaggio: ne è un esempio la fotografia in cui le sagome di Dante e Beatrice sono appoggiate sul davanzale di una finestra del Campanile di Giotto.
I Jacquier mostrano grande abilità anche nella ripresa di sculture e pitture, che richiede un’illuminazione differenziata; ne è un esempio il Camposanto di Pisa, luogo in cui la luce naturale non è uniforme, essendo filtrata dai finestroni gotici. La parte del fondo dedicata alle opere d’arte (fotografate non solo in Toscana, ma anche in città come Napoli, Roma, Milano) ha un grande valore documentario sia per lo studio dei gusti collezionistici dell’epoca che per la storia delle singole opere. Degni di nota sono le fotografie di Vittorio che documentano le collezioni d’arte di Bernard Berenson (nella villa I Tatti vicino Fiesole) e di Alessandro Contini Bonacossi. Non mancano le campagne effettuate all’interno dei musei pubblici, come le riprese degli affreschi di Beato Angelico in San Marco o delle opere della Galleria degli Uffizi.
La datazione delle fotografie è difficile e lo è anche l’attribuzione a uno o l’altro dei due Jacquier. In alcuni casi si può risalire agli anni di esecuzione grazie a eventi documentati come demolizioni o riassetti urbanistici: ne è un esempio la fotografia di piazza del Mercato Vecchio a Firenze scattata prima delle demolizioni del 1888, in cui si può notare l’antico ghetto ebraico ancora in piedi.

Bibliografia

Tamassia, Collezioni d’arte tra Ottocento e Novecento. Jacquier fotografi a Firenze 1870-1935, Napoli 1995.
Firenze, uno sguardo d’epoca nelle fotografie di Giuseppe e Vittorio Jacquier, a cura di M. Tamassia, Livorno 2003.
Architetture e paesaggi di Toscana nelle fotografie di Giuseppe e Vittorio Jacquier 1880-1930, a cura di M. Tamassia, Livorno 2004

Testo di
Gianluca Matarrelli
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