La Parabola del Seminatore
Jacopo dal Ponte, detto Jacopo Bassano (Bassano del Grappa 1510 c. - 1592)
Il dipinto proviene dalla collezione del cardinale Leopoldo de’ Medici, appassionato collezionista di pittura veneziana, dove è descritto fin dal primo repertorio della metà degli anni Sessanta del Seicento. Già attribuita a Francesco Bassano il Giovane o a suo fratello Leandro, l’opera viene ora concordemente riconosciuta al padre di costoro, Jacopo Bassano, con una datazione attorno al 1567.
Quella del seminatore è la principale parabola del Vangelo di Marco che tramanda come Gesù amasse rivolgere alla folla che si radunava presso di sé racconti che, attingendo a scene di vita quotidiana e a immagini della natura, componessero un paragone efficace ai fini teologici.
A questa parabola dedicò molta riflessione il pittore olandese Vincent van Gogh che su questo soggetto eseguì molte tele e disegni. Egli pronunciando nel 1876 uno dei suoi sermoni paragonò Dio a un seminatore che “infonde la sua benedizione nel seme del suo Verbo gettato nei nostri cuori”.
Anche nel dipinto bassanesco è raffigurato l’uomo che semina senza risparmio ogni tipo di terreno, e getta il suo seme anche su quello infestato dai rovi che soffocherà la semente con le sue spine. E’ un chiaro riferimento alle persone che ascoltano la parola divina ma, distratte delle preoccupazioni mondane e della seduzione della ricchezza, non la intendono fino in fondo ed essa rimane soffocata. Nella tela fiorentina gli spunti episodici sono ridotti notevolmente rispetto al dipinto di soggetto simile che si conserva a Madrid (Museo Thyssen); qui l’artista si limita a raffigurare in primo piano la moglie del contadino con il figlioletto in grembo e il cane che fiuta il terreno, optando per la massima adesione al testo evangelico.