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Autoritratto in aspetto di Medusa

Andrea Mantegna (Isola di Carturo, Padova, 1431-Mantova, 1506)

Data
post 1474
Tecnica
Penna, pennello, inchiostro in parte metallo-gallico, carta bianca imbrunita
Dimensioni
124 x 99 mm (misure massime)
Inventario
n. 1447 E

Il foglio, a fine Settecento, era registrato come “Mascherone a penna” nell’Inventario dei Disegni della collezione fiorentina; era il primo del “Volume dei Piccoli”, che conteneva ventidue opere reputate di Andrea Mantegna.

Le lunghe esposizioni, prima nel Corridoio poi in Galleria, hanno accelerato i processi di degrado dell’inchiostro metallo-gallico e proprio nelle mediocri condizioni di conservazione si deve individuare una delle cause della sua esclusione dal dibattito della ricerca su Mantegna fino a tempi recenti. Tuttavia, il tratteggio a linee parallele e di diverso spessore, che delinea in modo rapido e quasi schematico i dettagli fisionomici, a sua volta intervallato da linee più larghe e fluenti stese a pennello, con cui viene resa l’ariosità della capigliatura e la morbidezza della fascia sulla fronte, rende evidente come quella sintesi formale tradisca una mano sicura e vigorosa. Con pochi tratti della penna e del pennello, alternati tra loro in modo piuttosto calibrato, vengono efficacemente delineati un volto e la sua espressione.

Questa testa offre un confronto fisionomico calzante con il famoso Autoritratto affrescato da Mantegna nella Camera picta a Mantova: un volto che appare a sorpresa, seminascosto tra i decori naturalistici di un pilastro dipinto nella parete del cosiddetto Incontro, quella stessa dove figurano il nome dell’artista, scritto sulla targa dedicatoria e la firma apposta sulla lettera impugnata dal cardinale Francesco Gonzaga.

Il foglio fiorentino e l’Autoritratto nella Camera picta presentano tratti distintivi comuni quali il corrugamento delle sopracciglia, il taglio degli occhi, le borse sottostanti, il naso forte e la bocca dai caratteristici solchi. L’epoca di esecuzione più probabile per il disegno non dovette precedere la conclusione dei lavori nella Camera picta e, dunque, il 1474 potrebbe costituire un indizio cronologico da intendere preferibilmente come termine post quem.

L’espressione caricata del volto va considerata alla luce dell’utilizzo di maschere antiche, una componente fondamentale della cultura antiquaria di Mantegna. Nel suo autoritratto Mantegna combinò insieme la maschera apotropaica e il mito della Gorgone, che, peraltro, nella Grecia arcaica aveva svolto anche funzioni magiche. Il risultato finale cui pervenne fu una sorta di consacrazione per l’eternità di quella che potrebbe essere definita la sua ‘poetica di pietra’, resa manifesta dalle figure di statuine negli affreschi giovanili della cappella Ovetari di Padova, come dalle immagini dipinte a finto marmo o finto bronzo sugli sfondi che simulano pietre dure dei suoi tardi monocromi.

 

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