La scuola degli Orsi
Real Fabbrica Ferdinandea, Napoli
Dopo il trasferimento a Madrid della Manifattura napoletana di Capodimonte da parte del fondatore Don Carlos di Borbone, la produzione delle porcellane nel Regno di Napoli riprese con il figlio Ferdinando IV che, divenuto sovrano nel 1771, ne reintrodusse la produzione aprendo una fabbrica a Portici denominata Real Fabbrica Ferdinandea. L’anno seguente la fabbrica fu trasferita nel Palazzo Reale di Napoli ed ereditò da quella di Capodimonte il gusto partenopeo e la magnificenza di questo fragile e vibrante materiale, che fin dal suo arrivo in Occidente conquistò le Corti d’Europa divenendo l’identificativo dello status sociale di chi lo possedeva.
Una gustosa realizzazione di questa manifattura è lo scenografico ed inusuale gruppo in biscuit (monocottura della porcellana a 1400°C) raffigurante un orso umanizzato con un cappello a cilindro in testa intento a insegnare l’arte del disegno a una scimmia, con una graziosa cuffietta legata sotto al mento. Essa sta ritraendo un’erma del dio Pan circondata da una ghirlanda di fiori sorretta da putti ritratti mentre giocano con cani barboncini; scena paragonabile a una singolare rievocazione dei cortei bacchici presenti anche nelle pitture pompeiane.
Nonostante la bizzarria che possa suscitare in noi la visione di animali umanizzati, nelle porcellane Settecentesche erano assai frequenti anche se non diffusi nella produzione italiana, basti ricordare la famosa Monkey Band della Manifattura di Meissen rappresentante un’orchestra costituita da scimmie abbigliate in smoking e abito da sera.
Non è da escludere che il nostro gruppo facesse parte di un sontuoso centrotavola, sul tipo di quello raffigurante la Caccia degli Orsi conservato nel Museo Nazionale di Capodimonte ed eseguito sempre dalla Real Fabbrica Ferdinandea nel 1789, con in origine centoquattordici biscuits.
Certamente La scuola degli Orsi apparteneva alla granduchessa Maria Luisa di Borbone e pertanto possiamo ipotizzare che sia giunto nella Reggia di Palazzo Pitti nel periodo in cui era Granduchessa di Toscana (1765-1790). La base in legno dorata è coeva e riprende nel motivo decorativo le foglie della ghirlanda sorretta dai putti. Questa tipologia di base era destinata a composizioni di particolare pregio.