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Ovato con prospettiva della Piazza Granducale

Botteghe granducali, Bernardino Gaffuri (Milano ? – Firenze 1606), Jacques Bylivelt (Delft 1550 – Firenze 1603)

Data
1599 - 1600
Tecnica
Mosaico in pietre dure (lapislazzuli, calcedonio orientale, corniola, eliotropio, cristallo di rocca), oro e bronzo dorato
Dimensioni
18 x 25.5 cm
Inventario
Gemme 1921, n. 823

L’opera, capolavoro dei laboratori fiorentini sotto il regno di Ferdinando I de’ Medici, raffigura una spettacolare veduta della Piazza Granducale (oggi Piazza della Signoria) dominata dal monumento equestre di Cosimo I del Giambologna, magistralmente eseguito in lamina d’oro stampata e cesellata. In modo analogo sono realizzate anche le riproduzioni delle altre celebri sculture allineate davanti a Palazzo Vecchio: la Fontana del Nettuno di Bartolomeo Ammannati, il Marzocco di Donatello, il David di Michelangelo e l’Ercole e Caco di Baccio Bandinelli. L’uso dell’argento e dell’oro miniati e incisi contraddistingue invece le facciate degli edifici prospicenti la piazza, le piccole figure che si affacciano dalle finestre e i gruppi scultorei del Perseo di Benvenuto Cellini e del Ratto delle Sabine di Giambologna sotto le due arcate più esterne della Loggia dei Lanzi. Queste parti miniate sono protette da sottilissime lastrine di cristallo di rocca, fissate sul fondo mediante i cornicioni in oro delle architetture. L’insieme è completato dal fondale in prezioso lapislazzuli e dal mirabile pavimento a tessere di corniola ed eliotropio in forte scorcio prospettico.

L’ovale fu commissionato da Ferdinando I de’ Medici a due degli artisti più dotati delle sue botteghe: Bernardino Gaffuri (o Gaffurri), appartenente a una celebre famiglia milanese di intagliatori di pietre dure chiamata a Firenze da Francesco I de’ Medici nel 1575, e l’orafo di corte Jaques Bylivelt, originario di Delft. Con contratto del 12 luglio1599 il Gaffuri ricevette l’incarico di eseguire le parti in pietre dure della placca, mentre al Bylivelt venne affidata la lavorazione dei rilievi in oro, portati a termine all’inizio di dicembre del 1600. Per la veduta della piazza il Gaffuri si servì di una xilografia pubblicata nel 1583 all’interno di un opuscolo stampato in occasione dello scoprimento del Ratto delle Sabine del Giambologna. A questa immagine il Bilivelt aggiunse il rilievo in oro del Monumento equestre a Cosimo I innalzato nel maggio del 1594.

Una volta ultimata, l’opera fu collocata sul fondo della nicchia centrale del monumentale Studiolo Grande incassato nella rientranza ricavata sulla parete di fronte alla porta di ingresso della Tribuna. Qui l’ovato rimase fino al 1780, quando, insieme al mobile, fu trasferito presso il Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze, istituito poco tempo prima da Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena. In seguito alla distruzione dello stipo, la placca confluì nella Guardaroba lorenese per poi essere esposta nel Gabinetto delle Gemme della Galleria degli Uffizi (attuale Sala delle Miniature), da dove passò, nel 1921, al Tesoro dei Granduchi.

Testo di
Maria Sframeli
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