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Busto di Filippo II di Spagna (recto); Busto di Don Carlos (verso)

Jacopo Nizzola da Trezzo (Trezzo 1514 - Madrid 1589)

Data
1559 - 1562 c.
Tecnica
Onice, oro inciso e smalti policromi
Dimensioni
42 x 34,5 mm
Inventario
Gemme 1921, n. 127

Sul recto del pendente è raffigurato il busto barbato di Filippo II di Spagna, di profilo verso destra, con indosso una principesca armatura da parata, parzialmente coperta da un mantello annodato sulla spalla. Sul verso compare il busto giovanile di Don Carlos di profilo verso sinistra, con manto all’antica e ricca armatura decorata sullo spallaccio da una protome leonina. I ritratti, eseguiti su due distinte lastrine di onice separate da una lamina d’argento, sono inseriti in una elaborata montatura in oro ornata da motivi geometrici, grottesche e animaletti in smalto champlevé.

Il pendente faceva parte della collezione di gemme della duchessa Eleonora di Toledo, che nel 1562 lo acquistò per 40 scudi dal milanese Gasparo Miseroni, celebre orafo e intagliatore di pietre dure.

Fin dall’ultimo decennio del XVIII secolo l’opera è stata associata dalla critica al nome del famoso scultore, medaglista e incisore di pietre dure Jacopo Nizzolla da Trezzo, dal 1559 al servizio della corte spagnola. Il ritratto di Filippo II, infatti, richiama da vicino lo stile dell’artista e in particolare una medaglia con l’effigie del sovrano eseguita dal Nizzolla nel 1555. Diversamente, il profilo in onice dell’imberbe Don Carlos, sfortunato primogenito di Filippo II, mostra notevoli affinità con una medaglia di Pompeo Leoni figlio del più celebre scultore Leone Leoni. La realizzazione dei due cammei deve essere collocata quindi fra il 1555, anno di coniazione della citata medaglia con l’effigie di Filippo II, e il 1562, data dell’acquisto del pendente da parte della duchessa Eleonora.

Il gioiello fu creato con precisi intenti celebrativi. I suoi cammei sono, infatti, in stretta relazione con altri esemplari conservati in diversi musei, verosimilmente commissionati dallo stesso Filippo II e da lui utilizzati come preziosi doni diplomatici, secondo un uso assai diffuso nel corso del XVI secolo.

Testo di
Maria Sframeli
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