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Pomona

Marini Marino (Pistoia 1901 - Viareggio 1980)

Data
1941
Collezione
Scultura
Collocazione
San Pier Scheraggio
Tecnica
Bronzo
Dimensioni
160 cm (altezza)
Inventario
1914, n. 1425
Iscrizioni

Monogramma dell'artista sulla base: “MM”; scritta: Fonderia d'arte De Andreis Milano

Questo nudo femminile scolpito in bronzo a tutto tondo, privo di testa e braccia, con i seni lievemente pronunciati, il peso del corpo poggiante sulla gamba destra, mentre la sinistra è un poco avanzata, rappresenta l’antica divinità Pomona. Dea della fertilità per gli Etruschi, nell’antica Roma Pomona diviene la divinità preposta alla protezione dei frutti e nell’iconografia tradizionale è rappresentata con una mela in mano.

Marino Marini si dedica intensamente, fra il 1935 e il 1950, a produrre numerose varianti di questo soggetto, sia disegnate e dipinte, che scolpite. La presente scultura fu eseguita nel 1941, insieme a due repliche, una delle quali in collezione del Musée Roayaux des Beaux arts di Bruxelles. Nell’immaginario dell’artista, Pomona è Madre Natura, figura mitica e archetipica che si presta alla perfezione a incarnare un ideale di mondo agreste sereno e idilliaco. Con questa serie, Marini trova la cifra ideale per l’espressione della sua poetica scultorea, volta a recuperare un profondo rapporto con la classicità mediterranea e soprattutto italica e toscana.

Così l’artista presenta la scultura: “le mie Pomone vivono di un mondo solare, di una poesia solare, di un’umanità piena, di un’abbondanza, di una grande sensualità. Rappresentano una stagione felice, che si rompe col tempo tragico della guerra. In tutte queste immagini la femminilità si arricchisce di tutti i suoi significati più remoti, più immanenti, più misteriosi: una specie di necessità ineluttabile, di staticità inamovibile, di fecondità primitiva e inconscia” (Marini in De Micheli 1999, cit. in M. Tamassia, in Memorie dell’antico nell’arte del Novecento 2009, n. 43, p. 163).

L’opera è stata donata dall’artista alle Gallerie degli Uffizi nel 1987 ed è esposta in San Pier Scheraggio.

Testo di
Francesca Sborgi
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