Ritratto di Cosimo il Vecchio
Jacopo Carucci, detto Pontormo (Pontorme, Empoli, 1494 – Firenze, 1552)
UNO AVULSO NON DEFICIT ALTER; COSM MEDICES P[ATER] P[ATRIAE] P[ARENS]
Cosimo il Vecchio nacque a Firenze il 10 aprile 1389, figlio primogenito di Giovanni di Bicci, ricco mercante di lana e banchiere. Pur esercitando la mercatura di tradizione familiare, fin da giovane ricoprì incarichi politici e diplomatici per la Repubblica Fiorentina. Considerato il capo dell’opposizione dell’oligarchia dominante guidata dal suo acerrimo nemico Rinaldo degli Albizi, nel 1433 fu esiliato da Firenze, ma nel 1434 fu richiamato in patria dal favore popolare e da allora divenne di fatto il signore della città. Attivissimo in ogni campo, sviluppò l’agricoltura, incrementò il commercio, compì opere pubbliche notevoli come la navigabilità dell’Arno, fece costruire chiese, cappelle e palazzi, si fece protettore di ogni genere d’arte e promosse la riscoperta dei testi classici. Sotto la sua guida Firenze divenne una delle città più all’avanguardia d’Europa, tanto che i suoi concittadini gli tributarono il titolo di Pater Patrie.
Questo suo ritratto postumo fu commissionato a Pontormo da Goro Gori da Pistoia, probabilmente su richiesta di Papa Leone X, al secolo Giovanni de’ Medici. Dall’ottobre del 1519, il Gori era responsabile dell’amministrazione straordinaria di Firenze ed era stato a lungo segretario e fedele consigliere di Lorenzo de’ Medici duca di Urbino, nipote del Papa, morto il 4 maggio di quello stesso anno. La scomparsa del duca lasciava il ramo principale della dinastia medicea senza eredi legittimi, ma la nascita, il 12 giugno, di Cosimo, figlio di Giovanni delle Bande Nere e Maria Salviati, discendente del ramo cadetto della famiglia, rinnovava le speranze del casato. Per volontà del Pontefice, padrino del bambino, il piccolo era stato battezzato proprio con il nome del capostipite della famiglia.
L’incarico di elaborare il significato simbolico del dipinto fu con ogni probabilità affidato ad Ottaviano de’ Medici, personaggio di grande e raffinata cultura, curatore delle commissioni artistiche di Leone X.
Cosimo il Vecchio è ritratto di profilo, secondo un’iconografia tramandata dalle medaglie coniate dopo il 1465, anno in cui la Signoria gli conferì il titolo di Pater Patriae. La cappa di velluto rosso e il copricapo che indossa sono quelli con cui venivano tradizionalmente raffigurati i santi medici Cosma e Damiano, protettori della famiglia. Le tre P scolpite sullo schienale del seggio, che identificano Cosimo come “Padre e fondatore della patria” [Pater Patriae Parens], rimandano ad una moneta antica con il profilo di Cicerone, illustre personaggio a cui egli fu spesso paragonato.
Sulla sinistra compare l’emblema mediceo del “broncone”: il ramo d’alloro spezzato dal quale si è sviluppato un nuovo virgulto, simbolo della continuità della stirpe, mentre il motto sul cartiglio ribadisce che ‘un ramo spezzato non ne indebolisce l’altro’. Il motto è tratto da un passo dell’Eneide in cui Anchise profetizza ad Enea il futuro della sua stirpe e la fondazione di Roma e ben si accorda con l’ipotesi che il dipinto fosse stato commissionato per celebrare la nascita di Cosimo, che passerà alla storia come Cosimo I, primo granduca di Toscana.