Ritratto di Lucrezia Panciatichi
Agnolo di Cosimo Tori detto Bronzino (Firenze 1503-1572)
Lucrezia di Gismondo Pucci, era una nobildonna fiorentina, moglie del banchiere Bartolomeo Panciatichi il cui ritratto appartiene anch’esso alle Gallerie degli Uffizi (Inv. 1890, n. 741). Bronzino ha scelto come ambientazione una stanza in ombra di cui intravediamo la parete di fondo dove si apre una nicchia in pietra serena delimitata ai lati da semicolonne scanalate, sormontate da capitelli ionici. La dama è accomodata su una savonarola sui cui braccioli sono intagliate maschere ghignanti; siede di tre quarti, secondo una moda introdotta da Raffaello nei ritratti di Giulio II (della National Gallery, Inv. NG27) e Leone X (Inv. 1890 n.5157), esempi che avevano fatto scuola tra gli artisti qualche decennio prima. Bronzino afferra quel modello per farne una sua creazione originale che non a caso sfruttò negli stessi anni anche per il ritratto della duchessa Eleonora di Toledo (Inv. 1890 n. 748), perché incarnava alla perfezione le ambizioni, gli usi e i costumi della Firenze di quel tempo. Lucrezia è investita da una luce intensa che contrasta con l’ombra di fondo ed esalta il suo incarnato perfetto, liscio come quello di una scultura di alabastro. Lo stesso lume valorizza anche lo spettacolare abito rosso, tripudio di increspature, ricami e nastrini, completato al collo da un velo plissettato. La mise è poi arricchita da un altrettanto invidiabile corredo di gioielli: la cintura in pietre dure, lo smeraldo all’anulare, il cerchio fermacapelli in oro, perline e pietre preziose, la collana di perle col pendente al centro del quale brilla il rubino, simbolo, quest’ultimo, di passione e amore. Su tutti però spicca la catena d’oro sulle cui maglie scorrono le parole sans fin amour dure. La tradizione vuole che questo motto sia una dichiarazione d’amore per il suo sposo, ma alcuni studiosi ritengono che esso presupponga anche un significato religioso: quello dell’amore di Dio per l’umanità, ribadito dalla presenza del libro di preghiere posato sulla gamba di Lucrezia. In questo senso, il ritratto farebbe riferimento anche alle convinzioni religiose dei due coniugi, i quali negli anni in cui avevano vissuto a Lione si erano avvicinati ai movimenti ereticali e spirituali, scelta che più tardi, tornati a Firenze, li avrebbe condotti a subire il processo per eresia.
Il ritratto Panciatichi è una delle opere in cui maggiormente si apprezza lo stile maturo di Bronzino, per la perfezione del disegno e l’accuratezza nel rendere ogni dettaglio in modo così realistico da poterlo quasi toccare. E nonostante l’atmosfera sospesa che raggela la figura nella sua posa statuaria e sembra sospenderne la vita, negli occhi della donna è rimasto un lampo vivace che permette al suo sguardo di agganciare quello dello spettatore e di donargli un’emozione indimenticabile.
C.Falciani, scheda n. III.2, in Bronzino. Pittore e poeta alla corte dei Medici, a cura di C.Falciani e A.Natali, Firenze 2010, p. 168; E. Cropper, Holy Face - Human Face. thoughts on Bronzino’s "Lutheran" Panciatichi portraits, in Synergies in Visual Culture - Bildkulturen im Dialog, Studi in onore di Gerhard Wolf a cura di M. De Giorgi, A. Hoffmann, N. Suthor, Paderborn, München, Fink, 2013, pp. 45-56; L.M.F. Bosch, Orthodoxy and heterodoxy in Agnolo Bronzino’s paintings for Bartolomeo and Lucrezia Panciatichi, in Agnolo Bronzino. The muse of Florence, a cura di L. De Girolami Cheney, Washington, DC, 2014, pp. 35-130.
Ritratto di Bartolomeo Panciatichi
Agnolo Tori detto Bronzino (Firenze 1503- 1572)
Sacra Famiglia con san Giovannino (Madonna Panciatichi)
Agnolo Tori detto Bronzino (Firenze 1503- 1572)