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Madonna con Bambino, San Giovanni Battista, Sant'Antonio abate, Santo Stefano e San Girolamo

Giovanni Battista di Jacopo, detto Rosso Fiorentino (Firenze 1495 – Parigi 1540)

Data
1518
Collezione
Pittura
Collocazione
D4. Pontormo - Rosso Fiorentino
Tecnica
Olio su tavola
Dimensioni
172 x 141 cm
Inventario
1890 n. 3190

Giovanni Battista di Jacopo, soprannominato Rosso Fiorentino, per il colore della sua capigliatura, si formò nella bottega di Andrea del Sarto accanto al Pontormo suo coetaneo. Fin dalle prime opere fiorentine mostrò uno stile particolarmente originale, connotato da una forte carica anticlassica volta a superare gli schemi dell’equilibrio rinascimentale in favore di innovative soluzioni formali dalla potente tensione drammatica. Nel 1524 si trasferisce a Roma dove l’esasperata ricerca espressiva degli anni precedenti lascia il posto ad una sofisticata e intellettualistica eleganza formale. Dopo il sacco del 1527 vaga per molte città italiane per giungere infine in Francia, dove il re Francesco I lo nomina pittore di corte affidandogli la decorazione della reggia di Fontainebleau, la cui Galleria diverrà un caposaldo del manierismo internazionale.

Questo dipinto gli fu commissionato nel 1518 dal certosino Leonardo Buonafede, rettore dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, per onorare il lascito testamentario di Francesca de’ Ripoi, vedova catalana morta a Firenze l’anno prima. La grande pala doveva essere collocata sopra un altare della chiesa di Ognissanti dove la vedova era stata sepolta. Secondo il contratto di allocazione il dipinto avrebbe dovuto raffigurare la Vergine col Bambino fra i santi Giovanni Battista, Benedetto (omonimo del padre della vedova), Leonardo (omonimo del committente) e Girolamo. Il pittore s’impegnava a consegnare l’opera entro il giugno di quello stesso anno, ma a lavoro ultimato il committente non si dichiarò soddisfatto e l’opera fu relegata nella chiesa di Santo Stefano a Grezzano. Secondo quanto racconta il Vasari Leonardo Buonafede riteneva la pala “abbozzata” e lamentava la sconvenienza e la bizzarria dei santi che parevano diavoli dalle “arie crudeli e disperate”. La disputa tra il pittore e il committente ebbe anche conseguenze giudiziarie, poiché Rosso Fiorentino chiamò in causa il Buonafede per avergli trattenuto nove fiorini sul compenso pattuito che ammontava a venticinque.

La diversa destinazione del dipinto ne spiega anche il discostamento dall’iconografia iniziale.

Le indagini effettuate sull’opera hanno infatti rivelato l’esistenza di una versione precedente al di sotto di quella attuale. San Leonardo fu trasformato in Santo Stefano, a cui la chiesa di Grezzano era intitolata, sostituendo gli attributi del santo, inserendo la pietra sulla fronte anziché i ceppi del martirio. San Benedetto fu invece mutato in Sant’Antonio Abate aggiungendo il segno del Tau sul saio da frate.

Gli altri due santi ai lati della composizione sono San Giovanni Battista e San Girolamo, accomunati dall’esperienza della penitenza nel deserto. Le critiche del Buonafede al dipinto riecheggiano nella figura di San Girolamo, il cui corpo scheletrico, il volto emaciato ed arcigno, le mani grifagne incarnano lo spirito inquieto e anticlassico della prima fase del Rosso.

L’austerità della composizione è stemperata dai due teneri angioletti che siedono sui gradini del seggio della Vergine, assorti nella lettura delle Sacre Scritture.

Testo di
Monica Alderotti
Video
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