Ritratto del Vescovo bolognese Ludovico Beccadelli
Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore 1488/90 – Venezia 1576)
IULIUS. PP. III / Venerabili fratri Ludovico Ep~o Ravellen~.Apud Dominium Venetorum nostro et Apli~ca sedis Nuntio. /Cum annum ageret LII Titianus Vecellius faciebat.Venetijs MDLII Mense Julij/
Segue di altra mano : Translatus deinde MDLV die XVIJ septembris a Paulo Quinto Pont. Maximo ad / Archiepiscopatum Ragusinum quo pervenit die IX. Decembris proxime subsequenti
Il dipinto è fra i capolavori della ritrattistica di Tiziano e fu eseguito a Venezia nel 1552, come documenta la lettera dispiegata fra le mani del prelato. Qui è ben visibile l’iscrizione con il nome dell’autore e quello dell’effigiato Ludovico Beccadelli, contraddistinto dai titoli di Vescovo di Ravello e di Nunzio Apostolico a Venezia conferiti da Papa Giulio III.
L’opera venne subito celebrata da Pietro Aretino in un sonetto che ne esaltava le qualità di verosimiglianza al modello, la capacità di Tiziano di rendere visibile attraverso la pittura il carattere pacato e al contempo autorevole del religioso. Questi fu infatti un personaggio di spicco del circolo degli “spirituali”, ovvero di coloro i quali propugnavano il rinnovamento interno della Chiesa durante l’epoca travagliata della Controriforma.
Il ritratto fu acquistato nel 1653 da Leopoldo de’ Medici; la sua provenienza dal mercato bolognese è attestata dal carteggio intercorso fra il cardinale mediceo con i suoi agenti che ne curarono con particolare sollecitudine e impegno l’importante trattativa per l’acquisto. Al principe mediceo, che prediligeva il tema iconografico del ritratto, doveva essere ben nota la figura del vescovo bolognese non solo per le qualità di fine letterato nonché di diplomatico e biografo di grandi umanisti come Pietro Bembo, ma anche perché il Beccadelli aveva ricoperto a Firenze per quasi un decennio, a partire dal 1563, l’incarico di precettore di Ferdinando, figlio di Cosimo I.
Per le sue altissime qualità di esecuzione il ritratto fu a lungo esposto in Tribuna nel XVIII secolo.