Trasfigurazione di Cristo
Luca Giordano (Napoli 1634 - ivi 1705)
L’episodio della Trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor, in Galilea, è narrato sia dal Vangelo di Matteo (17,1-8) che in quelli di Marco (9, 2-8) e Luca (9,28-36). Gesù, dopo essersi appartato con i discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, cambiò aspetto mostrandosi loro con uno straordinario splendore del viso ed una stupefacente bianchezza delle vesti: “la sua faccia risplendette come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Matteo 17, 2) “e le vesti divennero risplendenti e bianchissime, come neve, più bianche di ciò che potrebbe fare alcun lavandaio sulla terra” (Marco 9, 3). Subito dopo apparvero Mosè ed Elia che parlavano con lui e quando Pietro prese la parola, una nuvola li avvolse nella sua ombra e una voce dichiarò la discendenza divina di Gesù.
Il dipinto risale alla commissione del Granduca Cosimo III e fu pagato la considerevole cifra di 500 scudi. La consegna alla Guardaroba Generale avvenne il 25 ottobre del 1685, dunque ancora nel pieno della fitta attività fiorentina di Luca Giordano; il carattere trascendente e metafisico dell’apparizione di Gesù sul monte Tabor si presta in modo perfetto alla visione sempre più barocca che caratterizza le opere di Giordano dal tempo degli affreschi fiorentini alla partenza per la Spagna (1682-1692). La Trasfigurazione preannuncia per le sue caratteristiche di stile maturo le soluzioni degli anni futuri, improntate alla visione di Rubens e Bernini. Di forte influsso berniniano e in stretta sintonia con gli esiti del Baciccio, è la ricerca di inediti effetti luministici: la luce si riversa come una cascata dallo sfondo sui primi piani, individuando le forme in controluce. Il colore steso dall’artista direttamente su una sottilissima imprimitura bruna senza preparazione si presenta con effetti di straordinaria levità pittorica e sembra anticipare la pittura di tocco.