Vanitas
Antonio de Pereda (Valladolid 1611 – Madrid 1678)
Il termine Vanitas deriva da “vanus”, letteralmente “vuoto”, “caduco” e indica in pittura una raffigurazione volta a far riflettere sulla precarietà dell’esistenza, sul trascorrere inesorabile del tempo e sulla natura effimera dei beni mondani. Nella natura morta di Antonio de Pereda, pittore spagnolo esperto del genere, sono presenti tutti i simboli che alludono al tema: i teschi, i fiori ormai aperti e sfioriti, le carte da gioco, i beni di lusso, le armi. La bella e meditabonda figura di angelo li indica, invitando alla rinuncia e alla pratica dei giusti valori in vista del conseguimento della Salvezza. Perfino il vasto impero dominato dal grande Carlo V – il cui ritrattino sovrasta il modello del globo terrestre- è destinato a svanire nel tempo, mentre il regno divino e la sua giustizia eterna troveranno il definitivo trionfo, come rivela il grande dipinto raffigurante il Giudizio Universale svelato da un drappo sullo sfondo. A Madrid, nella prima metà del Seicento, Antonio de Pereda fu uno dei più apprezzati pittori di nature morte, un genere che ebbe in quei decenni una diffusione crescente. Formatosi alla bottega del padre, anch’egli pittore, il giovane Antonio si trasferì da Valladolid nella capitale spagnola dove divenne uno dei protetti di Giovan Battista Crescenzi, artista romano che ricoprì in Spagna l’incarico di Sovrintendente alle opere Reali. Per suo tramite il de Pereda assorbì il naturalismo post-caravaggesco, che univa al gusto per le composizioni semplici, ma curate nei dettagli, la tendenza all’accumulo di oggetti simbolici, dal significato non sempre manifesto. La personalità artistica del de Pereda non è fra le più note in Italia, eppure merita attenzione non solo per la grande qualità delle sue opere, così originali e visionarie, ma anche perché fu una figura in comunicazione sia con la cultura pittorica italiana che con quella spagnola, ponendosi come tramite e diffusore tra questi due mondi artistici e culturali. Questa splendida Vanitas degli Uffizi viene datata alla tarda attività del pittore, quando i suoi dipinti si arricchirono di innumerevoli particolari, oggetti e figure e si colloca cronologicamente vicino al Sogno del nobiluomo, una delle sue opere più note (1670 circa, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando).