Venere e Cupido
Pier Maria Serbaldi da Pescia (1455 c. - 1522 c.)
ΠΕΤΡΟΣ / ΜΑ / ΡΙΑΣ / ΕΠΟΙΕΙ (Petros/Ma/rias/epoiei)
Il gruppo statuario è composto dalla dea Venere in piedi, nuda, che si rivolge verso Cupido, afferrandolo per un braccio, per impedirgli di scagliare le frecce che in origine stringeva nella mano destra, estratte dalla faretra poggiata per terra (oggi perdute). La dea tiene con la sinistra le ali di un volatile (forse la colomba a lei sacra), posato sopra una stele in parte ricoperta dalla clamide su cui si legge l’iscrizione greca “ΠΕΤΡΟΣ / ΜΑ / ΡΙΑΣ / ΕΠΟΙΕΙ” (fece Pietro Maria). Le sue ridotte dimensioni la rendevano adatta ad uno studiolo principesco.
Il nome greco è quello di Pier Maria Serbaldi da Pescia, detto il Tagliacarne dal nome del suo maestro. A lui è attribuito dalle fonti il merito di aver dato nuovo impulso alla difficile arte dell’intaglio in porfido e per queste qualità l’artista è ricordato con ammirazione da Vasari. La pratica dell’intaglio, iniziata da Serbaldi a Firenze, dove fu in contatto con Lorenzo il Magnifico, venne approfondita a Roma durante il pontificato di Leone X, dove l’artista poté confrontarsi con le sculture antiche. “Grandissimo imitatore delle cose antiche” lo definiva infatti Vasari, suggellando la fama di cui il Serbaldi godeva, in gran parte dovuta proprio allo studio dell’arte classica. Per questo gruppo in porfido è stato ipotizzato che l’artista si fosse ispirato a una scultura in marmo, presente in Vaticano, la Venus felix del II secolo d. C., che mostra la dea accompagnata da Cupido alato. Certo è che la piccola scultura gareggia per bellezza e qualità con i capolavori della scultura classica.