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Elemosina di san Nicola

Paolo Veneziano (Venezia, documentato dal 1333 al 1358)

Data
1340 - 1347 c.
Collezione
Pittura
Collocazione
B3 Fondi oro
Tecnica
Tempera su tavola, fondo oro
Inventario
Contini Bonacossi n. 7

E’ qui illustrato uno dei miracoli più noti della leggenda di san Nicola, il dono di alcuni pezzi d’oro alle figlie di un uomo caduto in povertà che, non riuscendo a maritare le figlie senza la dote necessaria, aveva deciso di farle prostituire. Il santo, vestito con abiti sacerdotali, è raffigurato mentre getta tre sfere d’oro dalla finestra, di nascosto per non avere riconoscimenti e gratitudine nel mondo terreno, bensì il gradimento di Dio. L’elevato rango sociale della famiglia soccorsa da Nicola è rivelato dal ricercato abbigliamento delle figlie e del padre, con diademi sulla testa alle ragazze e una veste scarlatta per l’uomo, completata dal copricapo e dai guanti.

La tavola, insieme allo scomparto che raffigura la Nascita di san Nicola (Inventario Contini Bonacossi n. 6), era probabilmente parte di una pala d’altare dedicata al santo vescovo di Myra (270-343), le cui reliquie dal XI secolo si conservano a Bari.

I due pannelli sono opera del più importante pittore attivo a Venezia della prima metà del Trecento Paolo Veneziano, che riesce a conciliare la tradizione bizantina, radicata sulla costa adriatica, con le novità apportate da Giotto nella rappresentazione dello spazio e dei volumi, evidenti nelle architetture simili a scatole entro le quali sono ambientate le storie. La narrazione degli eventi è resa più efficace dalla gestualità delle figure e dall’attualità delle vesti accuratamente descritte, che seguono la moda del Trecento.

Le due tavole sono state talvolta poste in relazione con il dipinto destinata alla cappella di San Nicola nel Palazzo Ducale a Venezia per la quale Paolo Veneziano fu pagato nel 1346. L’opera andò distrutta in un incendio nel 1483 e le due storie ne costituirebbero i frammenti superstiti.

Acquistate da Alessandro Contini Bonacossi nel 1925, erano in precedenza nella raccolta di Achillito Chiesa a Milano.

Testo di
Daniela Parenti
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