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Dominae

  • Dominae

    Per una Roma al femminile

    Dominae
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    Introduzione

    Cornelia madre dei Gracchi

    Pietro Saltini (1839-1908)

    Terzo quarto del XIX secolo

    Disegno a matita nera su carta

    Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Galleria d’Arte Moderna

    Inv. Giornale n.4909

     

    Nella Roma repubblicana il modello femminile ideale trovò incarnazione in una matrona in carne e ossa, vissuta nel II secolo a.C. Si tratta di Cornelia, figlia di Scipione Africano, il vincitore di Annibale, e madre dei famosi tribuni della plebe, Tiberio e Gaio Gracco, come recita l’iscrizione posta sulla base della statua che ne eternò – prima donna romana – la memoria in un luogo pubblico: Cornelia Africani f(ilia) / Gracchorum (CIL, VI 10043 = CIL, VI 31610 = EDR113975).

    Raro esempio di sposa univira, ovvvero non passata a seconde nozze, poiché dopo la precoce morte del marito aveva rifiutato ogni offerta di matrimonio, e modello di madre prolifica, Cornelia seppe però rappresentare anche le nuove prospettive che si aprivano per le matrone della sua epoca. A lei si attribuisce infatti la creazione di un circolo culturale nella villa di Miseno, come anche l’educazione e il costante consiglio offerto ai figli nella loro attività pubblica, come testimoniano i frammenti del suo epistolario citati da Plutarco e come ricorda la frase che Saltini utilizzò per commentare il disegno dedicato a questa donna presa ancora a modello nel XIX secolo: “Cornelia, rimproverando i figli di menar vita oscura, gli sprona alla gloria”.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Introduzione

    Ritratto di Antonia Minore

    Arte Romana

    Metà del I secolo d.C.

    Marmo greco (parte antica); onice (parte moderna)

    Gallerie degli Uffizi, Gli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture

    Inv. 1914 n. 546

    Durante il Principato lo ius imaginum, il diritto di essere omaggiate con statue e altre forme di rappresentazione ufficiale, si aprì definitivamente anche al mondo femminile: prima quale onore riservato alle appartenenti alla casa imperiale fu poi concesso, sul loro esempio, anche alle esponenti dell’élite.

    Questo cambiamento provocò quella che si può definire una vera e propria “rivoluzione” negli spazi urbani, prima declinati soltanto al maschile. A partire dall’età augustea nei fori, nei teatri, nelle vie delle città romane comparvero statue, busti e iscrizioni destinate alle donne più rappresentative dell’epoca, che si andarono affiancando a quelle dedicate agli uomini illustri, come dimostra questo splendido ritratto che omaggia, in dimensioni maggiori del vero, Antonia Minore, una delle donne più nobili della prima casa imperiale.

     

    Ritratto di Antonia Minore (cd. Agrippina Maggiore)
    Scultura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Introduzione

    Albero genealogico della gens giulio-claudia

    Figlia di Marco Antonio e Ottavia, nipote amatissima da Augusto, cognata rispettata da Tiberio, madre venerata da Claudio, nonna onorata da Caligola e Agrippina Minore, Antonia seppe offrire un modello di riferimento per le sue contemporanee. Unì infatti la condizione di sposa univira e madre devota a quella di mecenate delle arti e attiva promotrice del nuovo regime instaurato dallo zio Augusto, mostrandosi così pienamente partecipe delle nuove possibilità che si aprivano per le matrone dell’età imperiale.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Livia, il nuovo modello matronale

    Sarcofago con scene di vita humana et militaris

    Arte Romana

    Fine del II secolo d.C.

    Marmo bianco

    Gallerie degli Uffizi, Gli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture

    Inv. 1914 n. 82

     

    Questo splendido sarcofago, in marmo greco, racconta la vita di un uomo di classe senatoria, narrandone le qualità e insieme le tappe fondamentali della vita, dal valore dimostrato nelle imprese militari ai riti che ne avevano scandito la vita civile, momenti tra i quali spicca una scena di dextrarum iunctio, l’unione delle mani tipica degli sposi, raffigurata nella parte destra della fronte del monumento.

    Il matrimonio era infatti una tappa fondamentale per un nobile romano, perché gli avrebbe consentito di avere una prole legittima dalla donna che sarebbe diventata la signora della sua casa, la domina. A lei dopo le nozze sarebbe spettata la gestione della domus, ma anche il ruolo di consigliera, sia nelle questioni familiari che, spesso, in quelle politiche, due sfere strettamente intrecciate a Roma, che proprio nel matrimonio vivevano una delle più chiare sintesi. Un’unione di persone che era anche unione di famiglie, la cui armonia era basata proprio sulla capacità di mediazione esercitata dalle matrone, che rivestivano in tal modo un ruolo sociale fondamentale, ruolo che diventa esplicitamente politico nel caso delle unioni strette all’interno della casa imperiale.

    Sarcofago con scene di vita humana et militaris
    Scultura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Livia, il nuovo modello matronale

    Il matrimonio di Augusto e Livia

    Stefano Piscitelli

    2021

    China nera e pennarelli acrilici su carta

    Svetonio, Vita di Augusto, 63:

    Ex Scribonia Iuliam, ex Livia nihil liberorum tulit, cum maxime cuperet.

    “(Ottaviano Augusto) ebbe (la figlia) Giulia dalla (prima moglie) Scribonia, mentre da Livia (sua seconda moglie) non ebbe figli, sebbene lo desiderasse moltissimo”.

    Svetonio, Vita di Augusto, 99:

    Omnibus deinde dimissis […] repente in osculis Liviae et in hac voce defecit: «Livia, nostri coniugii memor vive, ac vale!».

    “Infine, congedati tutti (i presenti), […] morì improvvisamente mentre Livia lo baciava e lui le diceva queste parole: «Livia, vivi nel ricordo della nostra unione! Addio!»”.

    L’unione tra Ottaviano Augusto e Livia Drusilla rappresenta al meglio le molte implicazioni di un matrimonio romano nel nuovo contesto politico: aveva di fatto sancito la pacificazione tra il giovane Ottaviano e la nobilitas anticesariana, a cui appartenevano sia il padre che il primo marito di Livia, Tiberio Claudio Nerone, ma fu anche un sodalizio umano fortissimo. Benché non fossero nati figli, l’unione durò infatti più di cinquant’anni, durante i quali Livia fu consigliera ascoltata del consorte, che ne fece la figura simbolo della prima casa imperiale, concedendole una visibilità pubblica e un’influenza mai raggiunta prima da una matrona romana.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Livia, il nuovo modello matronale

    Livia Drusilla come Cerere

    Bottega Italiana

    Prima metà del XVIII secolo

    Plasma e oro

    Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Tesoro dei Granduchi

    Inv. Gemme 1612

    In questa gemma moderna, che riprende modelli antichi, Livia appare ritratta con gli attributi di Cerere, dea delle messi e della prosperità assurta a simbolo del rinnovamento e della speranza nati col regime augusteo, che proprio in lei, sposa del primo princeps e madre del suo successore, avevano trovato la loro incarnazione.

    La testa velata di Livia allude a uno degli onori ottenuti dalla donna alla morte del marito, Ottaviano Augusto, nel 14 d.C., quando le fu affidato il ruolo di sacerdotessa del consorte divinizzato, oltre a essere insignita del titolo onorifico di Augusta, lo stesso che nel 27 a.C. aveva sancito la supremazia di Ottaviano, dando di fatto inizio al Principato. Declinato al femminile, questo titolo riconosceva per la prima volta un ruolo pubblico ad una matrona, rendendola il nuovo modello di riferimento per tutte le donne della sua epoca, che ne imitavano infatti stile e acconciatura.

    La prestigiosa posizione occupata per la prima volta da Livia l’ha resa di fatto un’icona femminile di fascino e potere che va al di là del suo tempo, come dimostra ancora nel XVIII secolo questa raffinata creazione artistica.

     

    Livia Drusilla come Cerere
    Tesoro dei Granduchi | Palazzo Pitti
    Scheda opera
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    Livia, il nuovo modello matronale

    Il Mausoleo di Augusto

    Stefano Piscitelli

    2021

    China nera e pennarelli acrilici su carta

     

    Nec defuit vir praetorius, qui se effigiem cremati euntem in caelum vidisse iuraret.

    Non mancò un uomo di rango pretorio che giurasse di aver visto l’immagine del defunto ascendere in cielo mentre (il corpo) veniva cremato”.

    Svetonio, Vita di Augusto, 100:

    La morte di Ottaviano Augusto e l’arrivo al potere di Tiberio, primogenito di Livia, segnarono il vero inizio del regime dinastico, un passaggio complesso anche per l’avversione di parte della casa imperiale e della nobilitas all’elezione a princeps di un esponente della gens Claudia.

    La successione fu quindi resa inattaccabile da un complesso sistema di adozioni, in cui le donne si trovarono a rivestire un ruolo centrale: Augusto non adottò soltanto Tiberio, ma per testamento anche la moglie Livia, che entrò quindi nella gens Iulia, ormai nobilitata dalla presenza di due divi – Giulio Cesare e lo stesso Augusto – e dispose che Tiberio adottasse Germanico, marito dell’unica nipote di Augusto ancora a corte, Agrippina Maggiore, matrona che con Livia avrebbe dovuto quindi svolgere il compito di unire le due anime della casa imperiale.

    Se quindi Augusto di fatto aveva già designato nel suo testamento i due successivi principes – prima Tiberio e poi Germanico – aveva contemporaneamente affidato a due matrone – Livia e Agrippina Maggiore – un ruolo fondamentale nel destino del Principato e nella gestione della casa dei Cesari.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Livia, il nuovo modello matronale

    Mausoleo di Augusto

    Étienne Dupérac (ca. 1535-1604)

    Seconda metà del XVI secolo

    Stampa

    Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe

    Inv. GDSU 5017

     

    Ai membri più illustri della casa imperiale, sia uomini che donne, era stato destinato, fin dalla sua costruzione, il Mausoleo eretto da Augusto in Campo Marzio, qui raffigurato nella stampa cinquecentesca di Étienne Dupérrac, che costituiva uno dei monumenti simbolo del nuovo regime dinastico.

    Alla morte del suo fondatore il Mausoleo fu tuttavia rivestito di una nuova sacralità, legata all’aver accolto al suo interno il primo divus, a cui ne sarebbero seguiti altri, compresa Livia, scomparsa nel settembre del 29 d.C. ma consacrata nel 42 d.C. dal nipote Claudio.

    Se infatti il figlio Tiberio, fedele al mos maiorum, al costume degli avi, che riservava alle donne essenzialmente lo spazio domestico, aveva rifiutato i molti onori proposti dal Senato per la madre, l’imperatore Claudio, salito al potere dopo l’uccisione di Caligola e senza designazione ufficiale, aveva cercato di rafforzare la sua posizione grazie ai legami che poteva vantare con Augusto, con il quale era legato soprattutto per via femminile. In particolar modo grazie alla nonna Livia, ormai Giulia Augusta, alla quale furono quindi resi i più alti onori, compresa l’elevazione a diva, onori che contribuirono a costruirne il valore di modello femminile per tutte le future imperatrici.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Le donne nella società imperiale

    Figura femminile sacrificante

    Arte Romana

    Metà del II secolo d.C.

    Marmo greco

    Gallerie degli Uffizi, Gli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture

    Inv. 1914 n. 131

    Al culto di Giulia Augusta divinizzata furono subito destinate delle specifiche sacerdotesse, sia a Roma sia nelle varie città dell’impero. Nato sull’esempio dei sacerdozi femminili d’età repubblicana – quali le flaminiche che assistevano i loro mariti nei doveri religiosi e le Vestali, il collegio di vergini consacrate alla dea del focolare Vesta, il cui status era superiore a quello di ogni altra matrona e sottoposto soltanto al potere del Pontefice Massimo – il flaminato in onore delle nuove divae della casa imperiale costituì l’occasione per le donne più influenti della comunità di ritagliarsi uno spazio pubblico, ricevendone in cambio prestigio e riconoscenza.

    Così è ad esempio nel caso della giovane donna che ottenne l’onore di questa splendida statua, che la ritrae proprio nell’atto di offrire un sacrificio incruento sulla fiamma di un candelabro, un sacrificio costituito da grani d’incenso presi dalla patera, la piccola scodella stretta nella mano sinistra. Come da tradizione un lembo del lungo mantello le copre la testa e ne avvolge morbidamente i fianchi, per poi ricadere dalla spalla sinistra, mentre la pupilla incisa permette di datare questa statua alla metà del II secolo, quando molte divae avevano ormai popolato il pantheon imperiale e si offrivano quindi ampie possibilità di flaminato alle donne che avessero avuto i mezzi per ricoprire questa carica.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Le donne nella società imperiale

    I riti divini 

    Stefano Piscitelli

    2021

    China nera e pennarelli acrilici su carta

    P. Clodium, Appi filium, credo te audisse cum veste muliebri deprehensum domi C. Caesaris, cum pro populo fieret, eumque per manus servulae servatum et eductum; rem esse insigni infamia.

    “Credo che tu abbia già saputo che Publio Clodio, figlio di Appio, è stato sorpreso in abiti femminili in casa di Gaio Cesare mentre si compiva il sacrificio rituale (in onore della Bona dea) per (la salvezza del) popolo (romano) e che è riuscito a scappare grazie all’aiuto di una serva. Che grave scandalo!”

    Cicerone, Lettere ad Attico, I 12, 3

    Anche nella Roma repubblicana vi erano dei culti in cui il le donne potevano partecipare attivamente al cerimoniale o che addirittura erano riservati esclusivamente loro, come i sacrifici compiuti ogni dicembre dalle sole matrone, assistite dalle vergini Vestali, in onore della Bona dea, di cui questi disegni raccontano alcuni passaggi, che restano tuttavia per lo più segreti.

    Si trattava infatti di una divinità che incarnava la vita e la fertilità della Roma delle origini, dalla cui celebrazione gli uomini ed anche gli animali maschi erano esclusi, tanto da dover essere allontanati dalla casa in cui il rito si svolgeva, perché la loro presenza poteva turbare la dea e compromettere la sua azione benefica su Roma.

    La violazione di questo divieto era considerata un’azione grave che poteva avere ripercussioni a livello pubblico; così fu ad esempio quando Clodio, nel dicembre del 62 d.C., si introdusse nella casa di Cesare, dove sua moglie Pompeia guidava il rito. Grande fu lo scandalo – e il ridicolo per Clodio, sorpreso in abiti femminili, come racconta Cicerone all’amico Attico, lontano da Roma – uno scandalo che portò al processo per empietà contro l’uomo e alla scelta di Cesare di divorziare dalla moglie, in nome dei dettami del mos maiorum che voleva che una matrona fosse al di sopra di ogni possibile sospetto.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Le donne nella società imperiale

    La vita cittadina

    Stefano Piscitelli

    2021

    China nera e pennarelli acrilici su carta

    Illa tamen grauior, quae cum discumbere coepit / laudat Vergilium, periturae ignoscit Elissae, / committit uates et comparat, inde Maronem / atque alia parte in trutina suspendit Homerum. / Cedunt grammatici, uincuntur rhetores, omnis / turba tacet, nec causidicus nec praeco loquetur, / altera nec mulier: uerborum tanta cadit uis, […] / non habeat matrona, tibi quae iuncta recumbit, / dicendi genus […]”

    “Ancor più fastidiosa è la donna che, non appena a tavola, cita Virgilio, giustifica Didone decisa a morire, mette a confronto e compara poeta a poeta, ponendo sui piatti della bilancia da un lato Virgilio, dall'altro Omero. Si ritirano da parte i grammatici, si danno per vinti i retori, tutti i presenti tacciono: non oserebbe parlare né un avvocato né un banditore, e nemmeno un'altra donna […] Spero che la matrona che ti sta seduta accanto non ritenga di avere un proprio stile oratorio […]”.

    Giovenale, Satira VI, vv. 434-449

    Tra le tante accuse mosse alle matrone romane nella famosa Satira VI di Giovenale, tra cui la più nota è certamente quella di aver ormai perso l’antica pudicizia – accusa alla quale tanti uomini romani, come Cesare nel 62 a.C., si erano appellati chiedendo il divorzio – ce n’erano anche di meno scontate, legate in realtà alle recenti possibilità apertasi alle donne dell’élite tra fine Repubblica e inizi dell’età imperiale, come l’essere troppo orgogliose della propria cultura, fino a gareggiare nell’ars dicendi con filosofi e retori.

     

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Le donne nella società imperiale

    La vita cittadina

    Stefano Piscitelli

    2021

    China nera e pennarelli acrilici su carta

    Se infatti le matrone dell’élite erano ormai nella maggioranza dei casi donne ricche e colte, suscitando così lo sdegno di tanti tradizionalisti quali lo scrittore Giovenale, anche nelle classi inferiori le donne di nascita libera – le ingenuae – o le liberte erano attive nella società, dove si dedicavano a svariate attività, come attestano molte testimonianze epigrafiche.

    La parte femminile della società romana si mostrava in grado di godere al meglio, spesso tra lo sconcerto maschile, della ricchezza e delle opportunità offerte dai municipi e dalla capitale dell’impero. Roma era del resto una vera e propria metropoli con un fitto tessuto urbano, nella quale con difficoltà si tentava di regolare il traffico; un reticolo di strade molto animate e rumorose, come accadeva ad esempio nei pressi di una popina, un luogo dove si poteva mangiare e bere a poco prezzo, come quella qui rappresentata.

     

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
  • 13/22
    Le donne nella società imperiale

    Rilievo con scena di vendita di stoffe

    Arte Romana

    Metà del I secolo d.C.

    Marmo lunense

    Gallerie degli Uffizi, Gli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture

    Inv. 1914 n. 315

    La capitale dell’impero, come i municipi più illustri, brillava anche per negozi di lusso, che animavano i luoghi di convegno e passeggio della gente ricca ed elegante di Roma, nella quale le matrone dell’élite erano un elemento centrale. Ne offrono un esempio due splendidi rilievi provenienti dal monumento funebre di un ricco mercante, che resta purtroppo anonimo, non essendo stata tramandata l’iscrizione che ne ricordava il nome. Le due opere raccontano in modo piuttosto vivido, grazie alla buona qualità del rilievo, l’attività di una bottega di stoffe e cuscini, che il defunto aveva voluto ornasse il suo sepolcro a perenne ricordo del successo professionale e personale raggiunto in vita. 

    Nella rappresentazione della vendita di stoffe sono gli uomini a dominare la scena: i due commessi sulla sinistra mostrano un ampio tessuto, forse un panno di lana, leggermente drappeggiato, ad una coppia di eleganti compratori seduti su una panca, vestiti con tunica lunga e toga, assistiti da un servitore; al centro, un uomo in piedi, forse il commerciante stesso, sembra presentare la stoffa con fare solenne.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
  • 14/22
    Le donne nella società imperiale

    Rilievo con scena di vendita di cuscini

    Arte Romana

    Metà del I secolo d.C.

    Marmo lunense

    Gallerie degli Uffizi, Gli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture

    Inv. 1914 n. 313

    In questo rilievo una matrona guadagna il centro della scena: i commessi, osservati da un supervisore, estraggono infatti da un contenitore una stoffa pregiata, simile a quella dei cuscini appesi in mostra, per mostrarla ad una coppia. Lo status degli acquirenti è definito dalla presenza dei servitori alle loro spalle, dall’abbigliamento ma soprattutto dall’acconciatura femminile, che riprende quella dell’imperatrice dell’epoca, Agrippina Minore, moglie di Claudio e madre di Nerone, i cui riccioli che scendono lungo le spalle, resi con raffinatezza di esecuzione, catturano lo spettatore focalizzando l’attenzione sulla matrona.

    In questa scena di vita quotidiana c’è un’ottima sintesi della condizione femminile d’età imperiale: da un lato la normalità della presenza delle matrone accanto ai congiunti nelle attività sociali, dall’altro la pervasività del modello rappresentato dalle donne della casa imperiale, tanto che nella rappresentazione femminile non si può prescindere dallo stile dell’imperatrice di turno.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
  • 15/22
    Agrippina Maggiore: le matrone e l'esercito

    Basamenti con Barbari Prigionieri

    Arte Romana

    Metà del III secolo d.C.

    Marmo lunense

    Gallerie degli Uffizi, Giardino di Boboli

    Inv. Boboli, nn. 14, 15, 16

    Queste due splendide basi in marmo bianco, completamente istoriate da rilievi, mostrano scene di vittoria sui due fronti dell’impero, contro i Germani in Occidente e i Parti in Oriente. Sebbene il loro contesto sia databile alla fine del III secolo d.C., dato che provengono dal cosiddetto Arcus Novus sulla via Lata, (l’attuale via del Corso a Roma), eretto per i dieci anni di regno di Diocleziano e Massimiano, ben si adattano a descrivere l’orizzonte di vita della coppia che doveva succedere a Tiberio, quella formata da suo figlio adottivo Germanico Cesare e da Agrippina Maggiore, che seguì il marito per lunghi anni sia nelle campagne militari contro i pericolosi Germani, sia nell’ultima e fatale spedizione, in Oriente.

    Proprio a causa dei suoi prolungati soggiorni presso gli accampamenti militari, dove era sempre accompagnata dai figli più piccoli, discendenti come lei della stirpe d’Augusto, Agrippina si trovò a partecipare attivamente alla vita dell’esercito, fino a rappresentare un punto di riferimento per i soldati. Una scelta che suscitò il biasimo del suocero Tiberio, il quale, fortemente tradizionalista, non poteva che disapprovare questa forma di protagonismo femminile, ma che fornì anche un esempio da imitare per altre matrone che come lei decisero di seguire i consorti nelle missioni in provincia, una vera e propria rivoluzione rispetto al costume repubblicano.

     

    Basamento Barbaro Prigioniero (detto comatus)
    Sculture e Fontane | Giardino di Boboli
    Scheda opera
  • 16/22
    Agrippina Maggiore: le matrone e l'esercito

    Agrippina Maggiore in Germania

    Stefano Piscitelli

    2021

    China nera e pennarelli acrilici su carta

    Pervaserat interim circumventi exercitus fama et infesto Germanorum agmine Gallias peti, ac ni Agrippina impositum Rheno pontem solvi prohibuisset, erant qui id flagitium formidine auderent. Sed femina ingens animi munia ducis per eos dies induit […]. Tradit C. Plinius, Germanicorum bellorum scriptor, stetisse apud principium pontis, laudes et grates reversis legionibus habentem.

    “Si era sparsa la notizia dell’accerchiamento dell’esercito (di Germanico) e del fatto che i Germani incombessero minacciosi sulle Gallie; se Agrippina Maggiore non avesse impedito che il ponte sul Reno fosse distrutto, vi sarebbe stato chi per paura avrebbero compiuto questa infamia. Ma (ella), donna di grande coraggio, si assunse in quei giorni i compiti di un condottiero […]. Plinio il Vecchio, storico delle guerre germaniche, narra che (Agrippina) si pose in cima al ponte per accogliere con lodi e ringraziamenti le legioni che rientravano”

    Tacito, Annali, I 69

    E’ questo l’episodio sicuramente più sorprendente della storia di Agrippina Maggiore, quando la giovane matrona – rivestita del prestigio di appartenere alla stirpe di Augusto e di essere destinata a succedere al potere come sposa del futuro princeps – arrivò, in assenza del marito, a vestire i panni del dux, del condottiero, e attenne il pieno ascolto da parte dell’esercito, nonostante fossero presenti sul luogo altri legati investiti del comando militare.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
  • 17/22
    Agrippina Maggiore: le matrone e l'esercito

    Morte di Germanico

    Copia da Nicolas Poussin (1594-1665)

    XVIII secolo

    Dipinto, olio su tela

    Gallerie degli Uffizi, Gli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture

    Inv. 1890, n. 581

    La forte presenza di Agrippina Maggiore al fianco del marito impegnato su vari fronti non si fece sentire soltanto in Germania, quando era arrivata a salvare la situazione in un momento critico, ma continuò anche negli anni seguenti, durante la missione di Germanico in Oriente. Qui la futura coppia imperiale si trovò rapidamente in rotta col proconsole di Siria, Calpurnio Pisone, e con sua moglie Plancina, amici stretti rispettivamente di Tiberio e di Giulia Augusta, sospettati dalle fonti antiche di aver agito in questa escalation di tensione per conto dell’imperatore e di sua madre.

    Si trattò di fatto di una crisi ai vertici della politica romana, in cui le donne giocarono ancora una volta un ruolo centrale e che terminò soltanto per l’inattesa morte di Germanico, che a soli 35 anni spirò nel 19 d.C. dopo un’improvvisa malattia, circondato dai suoi generali, dalla moglie e dai due figli più piccoli, Gaio Caligola e Giulia Livilla, nata proprio durante il viaggio verso le province orientali.

    Una storia nera carica di pathos, che rappresentò uno dei momenti più difficili del Principato di Tiberio, ben rappresentata ancora nel XVII secolo nel quadro di Nicolas Poussin.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
  • 18/22
    Agrippina Maggiore: le matrone e l'esercito

    Agrippina Maggiore con le ceneri di Germanico

    Stefano Piscitelli

    2021

    China nera e pennarelli acrilici su carta

    Postquam duobus cum liberis, feralem urnam tenens, egressa navi defixit oculos, idem omnium gemitus, neque discerneres proximos alienos, virorum feminarumve planctus, nisi quod comitatum Agrippinae longo maerore fessum obvii et recentes in dolore anteibant.

    Quando Agrippina scese coi due figli dalla nave, portando la funebre urna, fissi gli occhi al suolo, si levò un unico gemito: e non avresti saputo distinguere i congiunti dagli estranei, il lamento degli uomini da quello delle donne,  se non per il fatto che coloro che arrivavano in quel momento superavano nelle urla di dolore gli accompagnatori di Agrippina, ormai sfiniti per il lungo pianto”.

    Tacito, Annali, III 1

    Come racconta magistralmente Tacito, Agrippina Maggiore non esitò a sfruttare la fama del marito e i sospetti che pesavano su Tiberio e su Giulia Augusta come mandanti di quello che da molti era considerato un omicidio, per convogliare sui propri figli il favore popolare e garantirne la posizione nella successione, ora ufficialmente incentrata sulla coppia formata da Druso Cesare, figlio di Tiberio, e sua moglie Livilla.

    Per questo motivo il rientro dall’Oriente delle spoglie di Germanico, nel tragitto da Brindisi a Roma, fu orchestrato dalla vedova e dal suo entourage come un lunghissimo corteo funebre in onore del giovane principe scomparso, funzionale a mostrare ai romani i suoi discendenti, tre maschi e tre femmine, che venivano così presentati come i più degni eredi della stirpe di Augusto.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
  • 19/22
    Agrippina Maggiore: le donne e la politica

    Busto di Agrippina Minore

    Arte Romana

    Terzo quarto del I secolo d.C.

    Marmo bianco (parte antica); alabastro (parte moderna)

    Gallerie degli Uffizi, Gli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture

    Inv. 1914 n. 115

    Proprio sui figli di Germanico e Agrippina Maggiore si sarebbe in effetti strutturata buona parte della successione imperiale: prima l’ultimogenito, Gaio Caligola, che succedette al nonno Tiberio dal 37 al 42 d.C., e poi la figlia maggiore, Giulia Agrippina, detta Agrippina Minore, che arrivò al potere prima come sposa dell’imperatore Claudio, dal 48 d.C., e poi come madre del suo successore.

    Questo splendido ritratto, su busto moderno, la presenta nel primo tipo ritrattistico creato sotto il regno del marito, il ritratto cioè che doveva far conoscere ai romani la matrona simbolo della casa imperiale, in qualità di sposa dell’imperatore in carica e madre del successore designato, suo figlio Lucio Domizio Enobarbo, adottato dal patrigno nel 49 d.C. come Ti. Claudio Nerone.

    Una successione, quella di Nerone, che le fonti antiche attribuiscono del resto univocamente alla forte personalità di sua madre, che sarebbe riuscita a vincere la volontà del marito Claudio ottenendo il potere per il figlio, nonostante il principe avesse già un erede legittimo.

    Ritratto di Agrippina Minore
    Scultura | Gli Uffizi
    Scheda opera
  • 20/22
    Agrippina Maggiore: le donne e la politica

    Agrippina in salvo

    Stefano Piscitelli

    2021

    China nera e pennarelli acrilici su carta

    Una volta arrivato al potere il diciassettenne Nerone la posizione di Agrippina Minore divenne ancora più salda, dato che nei primi anni di Principato del figlio si trovò a influenzarne attivamente gli atti, in accordo col suo precettore, il filosofo Seneca, e col prefetto al pretorio, Afranio Burro.

    Un sodalizio che presto però si ruppe e, come raccontano gli storici antichi, spinse il giovane principe all’idea del matricidio, di cui Tacito racconta uno dei tentativi più rocamboleschi.

    At Neroni nuntios patrati facinoris opperienti adfertur evasisse ictu levi sauciam et hactenus adito discrimine, ne auctor dubitaretur. Tum pavore exanimis et iam iamque adfore obtestans vindictae properam, sive servitia armaret vel militem accenderet, sive ad senatum et populum pervaderet […] quod contra subsidium sibi?

    “A Nerone che attendeva la notizia dell’avvenuto delitto annunciarono che (la madre) se l’era cavata con una lieve ferita, ma che il tipo di pericolo non poteva lasciarle dubbio sul mandante. (Nerone), morto di paura, temeva che (Agrippina) fosse pronta a vendicarsi armando gli schiavi o sollevando l’esercito o rivolgendosi al senato e al popolo […] Ma lui in quale aiuto poteva sperare?”

    Tacito, Annales, XIV 7, 1-2

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Agrippina Maggiore: le donne e la politica

    Busto di Nerone

    Arte Romana

    Terzo quarto del I secolo d.C.

    Marmo italico

    Gallerie degli Uffizi, Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture

    Inv. 1914 n. 112

    Ad Agrippina Minore Tacito attribuisce, nei pensieri di Nerone, la capacità di muovere il popolo, di convincere il senato, di sollevare l’esercito, un ruolo che si avvicina a quello del dux, ruolo rivestito in parte anni prima da sua madre Agrippina Maggiore in Germania.

    Il racconto di Tacito forse eccede nell'enfasi, ed è forse da attribuire al climax di ansia che lo scrittore intende creare intorno alla figura di Nerone. E' tuttavia innegabile come Agrippina Minore esercitasse a corte una forte influenza: sorella, moglie e madre di tre successivi imperatori, era divenuta un punto di riferimento imprescindibile per il figlio e un reale ostacolo per la sua autonoma capacità decisionale.

    Nerone infatti, salito al potere molto giovane, come appare nel ritratto qui presentato, aveva maturato dopo i primi anni di regno un’autonoma visione del Principato, una visione che però si era scontrata con quella materna, dalla cui opinione era difficile prescindere.

    Ritratto di Nerone
    Scultura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    Agrippina Maggiore: le donne e la politica

    L’assassinio di Agrippina

    Stefano Piscitelli

    2021

    China nera e pennarelli acrilici su carta

    La migliore prova dell’influenza raggiunta da Agrippina Minore a corte ci è data proprio dalle fonti antiche che ne raccontano la morte e che ammettono implicitamente che l’unica arma che Nerone poté esercitare contro questa matrona fu una brutale eliminazione, di fronte alla quale – ammette ancora Tacito – la donna seppe opporre un atteggiamento ammirevole.

    Circumsistunt lectum percussores et prior trierarchus fusti caput eius adflixit. Iam in mortem centurioni ferrum destringenti protendens uterum «ventrem feri» exclamavit multisque vulneribus confecta est.

    “I sicari circondarono il letto e per prima cosa il trierarca le colpì la testa con una mazza. Al centurione che stringeva la spada per darle il colpo di grazia lei gridò, mostrando il grembo, «colpisci il ventre» e morì per le molte ferite”. Tacito, Annali, XIV 8, 5

    Queste le ultime parole attribuite da un grande storico a una matrona che aveva saputo raggiungere una posizione di preminenza nella corte imperiale, una posizione che pochi anni prima sarebbe sembrata inconciliabile con la condizione femminile.

    Nascita di Venere
    Pittura | Gli Uffizi
    Scheda opera

Dominae

Per una Roma al femminile

Quella che segue è una storia di Roma al femminile, un racconto che ha come protagoniste alcune delle donne che tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’età imperiale seppero ritagliarsi uno spazio d’azione pubblica. A illustrare questo cammino contribuiranno opere d’arte selezionate fra le ricche collezioni di arte antica, rinascimentale e moderna delle Gallerie degli Uffizi e attualizzate dai disegni realizzati da Stefano Piscitelli, che faranno rivivere con originalità la vita quotidiana di due millenni fa.

Credits

Supervisione scientifica: Fabrizio Paolucci

Testi: Novella Lapini, Silvia Barlacchi

Tavole illustrate: Stefano Piscitelli

Coordinamento: Francesca Sborgi

Editing web: Andrea Biotti, Lorenzo Cosentino e Patrizia Naldini

Traduzioni: Way2Global srl

Crediti fotografici: Roberto Palermo

Data di pubblicazione: 1 luglio 2023

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