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Approfondimenti | 01/10/2024

Il patrimonio artistico fiorentino e la Seconda Guerra Mondiale

Uffizi. Lavori di rimozione per la difesa antiaerea. Sala della Niobe, novembre 1942 - Danni di guerra

Ricorrono 80 anni dalla Liberazione di Firenze dall'occupazione nazi-fascista e le Gallerie degli Uffizi fanno memoria della storia del patrimonio culturale durante gli eventi bellici.

Ripercorriamo quegli anni e quegli eventi attraverso il patrimonio di immagini del Gabinetto Fotografico. Invitiamo inoltre ad approfondire la storia di Palazzo Pitti come ricovero per gli sfollati del centro storico con l'ipervisione “29 luglio – 4 agosto 1944. La Repubblica di Pitti” e la scheda di approfondimento dedicata al fondo fotografico “Danni di guerra”.

Il 10 giugno 1940 l'Italia entrò in guerra a fianco della Germania. In musei, chiese e palazzi scattarono da subito i protocolli d'emergenza per la protezione delle opere d'arte. Dal mese di luglio si provvide a imballare le opere trasportabili per proteggerle dai bombardamenti e portarle in rifugi considerati più sicuri: depositi sotterranei come quello sotto la Loggia dei Lanzi che ospitò il Perseo di Cellini, o ville e castelli in Toscana, come il Palazzo Pretorio di Scarperia, le ville medicee di Poggio a Caiano e della Petraia, ma anche il monastero di Camaldoli, i castelli di Poppi, Montegufoni, Poppiano, le ville della famiglia Guicciardini, quelle di Torre a Cona, Montagnana, o anche luoghi requisiti per lo scopo (l'oratorio di Sant'Onofrio a Dicomano, la galleria ferroviaria Sant'Antonio a Incisa Valdarno, la villa medicea di Cafaggiolo o villa Demidoff di Pratolino). Dal 13 al 28 giugno, a titolo d'esempio, 550 tra dipinti e sculture degli Uffizi, tra cui la Venere dei Medici, lasciarono il museo per trovare ricovero a Poggio a Caiano.

Le opere che non era possibile spostare (affreschi e decorazioni in chiese e palazzi, portali, fontane...) furono coperte per contenere i danni di eventuali esplosioni, con imballaggi in carta o stoffa, barriere di sacchi di sabbia tenute su da ponteggi o addirittura muri in mattoni, come nel caso del David all'Accademia.
I protagonisti di questa grande opera di prevenzione furono Giovanni Poggi, soprintendente delle Gallerie (come allora si chiamava l'istituto ministeriale) dal 1925 al 1949, e Ugo Procacci all'epoca funzionario e responsabile del Laboratorio di restauro.

Con l'armistizio dell'8 settembre 1943 l'Italia fu occupata dai Tedeschi che, con l'avanzata delle truppe alleate da sud, iniziarono ad utilizzare le città come scudi. Firenze non fece eccezione e, vedendosi rifiutato lo status di città aperta, fu occupata dalle truppe naziste già l'11 settembre del 1943. Le truppe alleate anglo-americane arrivarono a Firenze nell'agosto del 1944; i bombardamenti alleati avevano già distrutto le linee ferroviarie e alcuni quartieri limitrofi al centro (Campo di Marte, piazza Edison...), mentre le mine tedesche distruggevano i ponti sull'Arno. Inutili furono i tentativi del cardinal Elia Dalla Costa e del console tedesco a Firenze per risparmiare almeno il cinquecentesco Ponte Santa Trinita, e la notte tra 3 e 4 agosto i ponti vennero minati e distrutti, con eccezione di Ponte Vecchio, per risparmiare il quale vennero rase al suolo le zone vicine.

Una grande quantità di scatti testimonia le distruzioni di quei mesi. Una campagna riprende, da Palazzo Pitti e dal Piazzale Michelangelo, il momento dell'esplosione delle mine che il 4 agosto distrussero i ponti e un'importante porzione di centro storico: Por Santa Maria, lungarno Acciaioli, Borgo San Jacopo, via dei Bardi, via Guicciardini, con le antiche torri medievali distrutte...
28 scatti ripresi da un aereo AMG (Allied Military Government) seguono dall'alto tutto il corso dell’Arno dopo bombardamenti e mine.

Negli stessi giorni le truppe tedesche sequestravano opere d'arte da musei e ricoveri per condurle su camion militari in 2 depositi oltre Bolzano: si trattava di 58 casse con opere di ogni tipo, più di 300 quadri sottratti tra gli Uffizi e la Galleria Palatina, sculture come la Venere dei Medici, ma anche opere rastrellate dai ricoveri di Montagnana, Poppi e Barberino per un totale di 527 dipinti trafugati. Erano destinate a costituire il Führermuseum di Linz.

L'11 agosto alle ore 6.45 suonò la campana di Palazzo Vecchio e i partigiani attaccarono i Tedeschi a Campo di Marte e alle Cascine: fu l'inizio della fine dell'occupazione.
Dopo la resa tedesca furono riconsegnate agli alleati 400 casse con opere che tornarono a Firenze.
Il rientro fu curato dal direttore degli Uffizi Filippo Rossi e dal tenente Frederick Hartt, storico dell'arte americano che aveva vissuto da protagonista insieme ai fiorentini le vicende della salvaguardia e del recupero del patrimonio, e che lasciò memoria di quel periodo nel volume “Florentine Art under fire” (1949).
Il 21 luglio 1945 in piazza della Signoria una cerimonia solenne accolse le opere. Numerosi scatti dello stesso tenente Hartt documentano questi momenti, così come altri raccontano le operazioni di recupero delle opere dai rifugi cittadini, come quello che, sotto la Loggia dei Lanzi, aveva protetto il Perseo di Cellini.

Una folta documentazione riguarda anche la rimozione delle macerie e il recupero dei frammenti di Ponte Santa Trinita che divenne presto il simbolo della volontà della città di riemergere dalla tragedia della guerra.
Dopo la gestione dell'emergenza degli sfollati (molti ospitati dentro Palazzo Pitti: "29 luglio – 4 agosto 1944. La Repubblica di Pitti") e la costruzione di ponti provvisori sull'Arno, si affrontò la ricostruzione del patrimonio culturale.
Una commissione dedicata alle parti artistiche delle zone distrutte rivolse un appello per reperire scatti e disegni degli edifici prima dell'agosto '44; il materiale raccolto venne esposto in una mostra inaugurata l'11 agosto 1945 a Palazzo Strozzi.
Nel 1947 un Comitato si costituì per la ricostruzione “dov'era e com'era” del Ponte a Santa Trinita, che sarà inaugurato il 16 marzo 1958. Erano state ricollocate anche le quattro statue primo seicentesche rappresentanti le Stagioni, poste alle estremità del ponte. La Primavera, opera di Pietro Francavilla (1590-1610c.), era però priva della testa: la sua ricerca si protrasse per altri 3 anni fino a che fu rinvenuta nel letto dell'Arno e reintegrata nel 1961.
Nel giugno 1946 riaprirono Galleria Palatina e Appartamenti Reali a Palazzo Pitti, il Museo di San Marco, il Bargello e la Galleria dell'Accademia. Agli Uffizi i danni di guerra erano consistenti e riguardavano soprattutto la parte verso l’Arno del corridoio di levante e delle sale contigue, nonché del Corridoio Vasariano. Partirono importanti lavori di ristrutturazione e restauro, documentati anch'essi dagli archivi del Gabinetto Fotografico.

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