Gli esemplari dei Demidov alla Biblioteca degli Uffizi
Le Gallerie degli Uffizi possiedono 37 esemplari provenienti dalla biblioteca della villa Demidov di San Donato a Firenze (oggi scomparsa). Questi esemplari entrarono al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe e alla biblioteca storica degli Uffizi fra il 1970 e il 1975, dopo l’asta degli arredi della Villa Demidov, a Pratolino, disposta dall’ultimo erede della famiglia, Paolo Karageorgevič, nel 1969.
Secondo Cesare da Prato, la biblioteca della villa di San Donato “era bellissima” e, al tempo di Pavel Pavlovič, nipote ed erede di Anatolij, contava fino a 40.000 volumi. Infatti Pavel Pavlovič aveva deciso di collocare la biblioteca nella cornice, quanto mai affascinante ed inconsueta, dell’antica chiesa medievale di San Donato in Polverosa, che era stata acquistata, al tempo dello zio Anatolij, perché confinante con la villa. La biblioteca della villa di San Donato spaziava dall’interesse per le belle arti, alla geografia, alla storia, all’economia, alla letteratura di viaggi ed era di supporto alle svariate attività ed interessi di Anatolij e di Pavel Pavlovič Demidov. Tuttavia l’impresa di ricostruirne l’esatta composizione appare davvero ardua perché la biblioteca di San Donato risulta ormai dispersa in mille direzioni: dalle ignote destinazioni degli acquirenti dei 6.900 volumi, prevalentemente in lingua francese, venduti all’asta del 1880, per volere di Pavel Pavlovič; ai libri, carte geografiche ed atlanti in lingua russa che, in quello stesso anno, furono trasportati a Nižnij Tagil, sugli Urali, dove si trovavano i possedimenti minerari dei Demidov; alle donazioni di volumi di proprietà della famiglia a varie biblioteche, voluta dall’erede dei Demidov, Paolo Karageorgevič, dopo l’asta di Pratolino del 1969.
La Firenze granducale del secolo XIX era abituata agli agi e all'eleganza sfoggiate dai signori del "Grand Tour", ma non aveva mai visto il fasto e la grandiosità ostentate dalla famiglia Demidov. Questi dovevano le loro favolose ricchezze allo sfruttamento delle miniere di rame, argento, manganese e malachite che possedevano in Siberia e ad un vasto giro d'affari e commerci in tutta Europa. Colui che legò maggiormente il nome dei Demidov a Firenze fu Anatolij (1813-1870), uno dei due figli di Nikolaj Demidov (1774-1828), il quale si era stabilito a Firenze, nel 1824, anche per beneficiare di un clima mite, che giovasse alle sue condizioni di salute. Anatolij aveva un temperamento esuberante e, spesso, risultava teatrale ed eccessivo nei modi. Egli era, tuttavia, anche un collezionista colto, curioso e un instancabile viaggiatore che, pur essendo nato in Russia, soggiornava preferibilmente a Parigi, in altre città europee ed anche a Firenze. Qui egli si fermava nella Villa di San Donato, che il padre aveva appena iniziato a costruire nella sua tenuta di San Donato in Polverosa, posta sulla via di Prato, appena fuori città.
Le iniziative benefiche
Dopo la morte di Nikolaj, avvenuta nel 1828, Anatolij, insieme al fratello Pavel Demidov (1798-1840), continuò a finanziare tutto ciò che il padre aveva iniziato, ma in maniera più ampia e grandiosa. Per quanto riguarda le opere benefiche, in particolare, Anatolij investì generosamente il suo denaro, in Toscana, nella promozione dell’industria della seta, negli istituti per la cura e l’istruzione dei più poveri, nella costruzione delle prime strade ferrate. Il motto della famiglia Demidov era infatti “Acta non verba” (Fatti non parole). A Firenze, egli continuò a finanziare, pur con alterne vicende, anche la scuola maschile per i poveri del quartiere di San Niccolò, fondata dal padre, nel 1828, accanto alla sua ricca residenza di Palazzo Serristori. Anatolij migliorò ulteriormente i servizi della scuola, dotandola di una nuova farmacia e pagando un regolare stipendio ad un medico-chirurgo che visitava gratuitamente i piccoli allievi. La Biblioteca degli Uffizi conserva l’opera Des Pieuses Institutions Démidoff à Florence. Histoire et réglement, dedicata a la “Maison de Bienfaisance Démidoff”, un’istituzione per fanciulle povere che Anatolij Demidov aveva fondato, nel 1833, a San Pietroburgo. Si tratta di un interessante testo scritto dal direttore della scuola, il marchese Carlo Torrigiani, per descrivere l’organizzazione della scuola di San Niccolò a Firenze, dove si applicava il metodo del mutuo insegnamento, per cui i cosiddetti “monitori” aiutavano i ragazzi più grandi a preparare le lezioni da proporre agli allievi più piccoli. Per ricompensarlo di tutte queste opere benefiche e legare strettamente il nome dei Demidov a Firenze, il granduca Leopoldo II di Asburgo Lorena nominò Anatolij, dapprima, "conte", nel 1836 e, quindi, "principe di San Donato", nel 1840, in occasione delle sue nozze con la principessa Matilde Bonaparte, figlia di Girolamo Bonaparte, ex re di Westfalia ed ultimo fratello di Napoleone.
La residenza principesca
La costruzione del complesso di edifici, serre e giardini conosciuta con il nome di Villa San Donato iniziò poco prima della morte di Nikolaj Demidov (1774-1828), che aveva incaricato del progetto l’architetto Giovan Battista Silvestri. Quando il padre morì, il figlio maggiore Pavel Demidov (1798-1840) volle che il Silvestri proseguisse comunque l’opera. La villa, in stile neoclassico, fu quindi completata nel 1831 e non aveva precedenti analoghi a Firenze. Piuttosto assomigliava a certe ville venete, circondate da fontane e giardini, o a certi palazzi signorili di San Pietroburgo, come il Palazzo di Tauride. La villa rimase disabitata per qualche anno, poiché Pavel fu richiamato subito in Russia per prestare servizio nell’esercito e poi per svolgere un incarico di governatore, mentre Anatolij (1813-1870) - appena quindicenne alla morte del padre - completava la sua istruzione a Parigi. Anatolij giunse a Firenze solo nel 1835 e decise di trasformare la Villa San Donato in un centro per la produzione e l’industria della seta in Toscana, che finanziò generosamente. Nel 1840, proprio nella cappella della Villa di San Donato, sposò la principessa Matilde Bonaparte e, per l’occasione, il granduca Leopoldo II di Asburgo Lorena volle conferire ad Anatolij il titolo di “principe di San Donato”. Da quel momento, Anatolij iniziò a far imprimere il monogramma cifrato “AD”- con le iniziali intrecciate del suo nome e sormontato da corona - sugli oggetti ed arredi che acquistava per San Donato e a trasformare la villa in una vera e propria reggia, dove si svolgeva un’intensa vita mondana di balli, ricevimenti e visite di ospiti illustri. Purtroppo il matrimonio con Matilde durò appena qualche anno ed Anatolij si separò dalla principessa nel 1846. Ma l’opera di trasformazione della Villa San Donato proseguì anche oltre. Anatolij ampliò notevolmente l’edificio principale avvalendosi dell’opera di illustri architetti del tempo come Luigi Del Moro, Giuseppe Martelli e Niccolò Matas. All’interno, egli espose le opere e gli oggetti d’arte acquistati, con passione incessante, soprattutto a Parigi e che gli artisti locali avevano il permesso di visitare per aggiornarsi rispetto alle ultime tendenze dell’arte in ambito internazionale. All’esterno Anatolij continuò a dotare la villa di favolose serre di piante rare, zoo con animali esotici, scuderie e maneggi al coperto per i cavalli, di cui era grande appassionato.
Regolamento delle corse di cavalli
Segno di questa passione è il libretto sul Regolamento delle corse di cavalli, pubblicato a Torino, dalla Società Nazionale, nel 1853, proveniente dalla “Bibliothèque de San Donato” che porta lo stemma metallico dei Demidov al centro del piatto anteriore, sormontato da corona,con il disegno stilizzato degli strumenti del lavoro in miniera, fonte delle immense ricchezze di famiglia. Lo stemma è accompagnato dal motto “Fatti non parole”, in russo (Delami ne slovami), che allude alle attività di beneficienza promosse tradizionalmente dalla famiglia. L’esemplare presenta un interfoglio manoscritto aggiunto all’elenco dei soci, in cui è scritto, a penna, il nome “Demidoff, Principe Anatolio” e dal quale si intuisce un uso personale di questo libretto, da parte del principe di San Donato. Nell’elenco dei soci figurano, fra gli altri, il conte di Cavour Camillo Benso e suo fratello Giacomo. Anatolij era certamente uno dei protagonisti di eventi mondani come le corse di cavalli, che erano frequentati, all’epoca, dai personaggi più in vista dell’alta società, come erano i due conti di Cavour.
Le iniziative culturali e la “Galerie des plénipotentiares”
Nel 1837 Anatolij Demidov (1813-1870) partì per la Crimea, accompagnato da una folta schiera di consulenti scientifici ed artisti, per studiare il miglior sfruttamento delle risorse economiche e minerarie della regione, documentarne gli aspetti paesaggistici e raccontare gli usi e costumi dei suoi abitanti. Si ricorda, fra gli altri, l’artista Auguste Raffet, apprezzato per la sua bravura nel ritrarre in velocità scene dal vivo, che sempre seguiva Anatolij in queste imprese. Anatolij Demidov descrisse i risultati della spedizione in Crimea nel suo Voyage dans la Russie Méridionale et la Crimée par la Hongrie la Valachie et la Moldavie che fu pubblicato, fra il 1840 e il 1842 dall’editore Bourdin di Parigi e fu tradotto anche in italiano, russo, inglese e tedesco. Egli volle dedicare l’opera allo Zar Nicola I Romanov che, tuttavia, non apprezzò la dedica. Nicola I era un autocrate, strenuo difensore della tradizione e non vedeva di buon occhio che un russo di nascita, pur se immensamente ricco, come Anatolij, risiedesse sempre all’estero e non prestasse servizio a corte o nell’esercito, come faceva invece l’aristocrazia feudale russa. Per lo stesso motivo lo Zar Nicola I non volle nemmeno riconoscergli il titolo di “principe di San Donato”, che gli aveva conferito il Granduca di Toscana. Circa venti anni più tardi, lo stesso editore del Voyage dans la Russie Méridionale et la Crimée - l’editore Bourdin di Parigi - donò a “Son Altesse, Monseigneur, le Prince Anatole de Demidoff”, come “hommage respecteux”, l’album “La Galerie des plénipotentiaires” con i ritratti fotografici e la riproduzione delle firme dei delegati al Congresso di Parigi del 1856, fra i quali figura anche Camillo Benso Conte di Cavour, come delegato del Regno di Sardegna. Al Congresso di Parigi del 1856 fu approvato il trattato di pace che ristabilì gli equilibri geopolitici fra l’Impero russo, le potenze europee e l’Impero Ottomano dopo la terribile guerra di Crimea (1854-1856), che causò immense perdite umane, sia militari che civili. Durante quella guerra Anatolij Demidov non fu un semplice spettatore degli eventi, ma collaborò attivamente con la Croce Rossa per organizzare gli scambi dei prigionieri e procurò, a proprie spese, rifornimenti di vestiti e cibo ai prigionieri di guerra russi in Inghilterra.
Le iniziative in memoria di Napoleone Bonaparte
Dopo la separazione dalla principessa Matilde Bonaparte, avvenuta nel 1846, Anatolij Demidov (1813-1870) si dedicò, con maggior impegno e passione, alla vendita e all’acquisto di opere d’arte alle aste parigine o londinesi, un’attività che gli procurava emozioni simili a quelle dei giocatori in borsa e che lo portava a cambiare continuamente le sue collezioni artistiche e ad accrescerle a dismisura, fino a riempire ogni spazio del suo palazzo a Parigi e della Villa di San Donato, a Firenze. Fra gli oggetti d’arte che egli collezionava, una serie a parte era costituita dai cimeli napoleonici, acquistati, in gran quantità, dalla famiglia Bonaparte e da altri Napoleonidi, che si trovavano in esilio a Firenze. Nel 1851 Anatolij riuscì perfino a comprare la villa San Martino, in cui aveva abitato Napoleone Bonaparte durante il suo esilio all’Isola d’Elba ed incaricò l’architetto Niccolò Matas di erigere, sotto la villa, il grandioso Museo Napoleonico - terminato nel 1856 - per esporvi i suoi molti cimeli. Il Museo Napoleonico fu l’ultimo edificio che Anatolij Demidov fece costruire in Toscana.
Nel 1859 Anatolij Demidov lasciò definitivamente Firenze per trasferirsi a Parigi, deluso dagli eventi che avevano portato alla caduta del Granducato e all’annessione della Toscana al Regno d’Italia. Nel 1863 espresse il suo rimpianto per aver dovuto abbandonare la Toscana, facendo pubblicare, a Parigi, La Toscane: Album monumental et pittoresque, un’imponente raccolta, in grande formato, di disegni e litografie di André Durand e Eugéne Ciceri, con testo di A. De Saison (Paris, Lemercier, 1863). L’Album monumental si apriva con un consistente gruppo di vedute dell’Isola d’Elba e del Museo Napoleonico, proseguendo poi con una serie di splendidi scorci di città toscane e di Firenze come appariva poco prima delle trasformazioni attuate da Giuseppe Poggi per Firenze Capitale (1865-1871). Anatolij morì a Parigi nel 1870, provato da una lunga malattia. Suo erede e nuovo proprietario della Villa San Donato fu il nipote Pavel Pavlovič (1839-1885), figlio del fratello maggiore di Anatolij, Pavel Demidov (1798-1840).
L’ Album con le fotografie di monumenti italiani
Non sappiamo chi, dei due Demidov, abbia composto l’imponente album fotografico di vedute di città e monumenti italiani che qui si presenta, proveniente dalla dispersa “Bibliothèque de San Donato” e provvisto di un’elegante etichetta dove è riportata, probabilmente, l’antica collocazione nella biblioteca della Villa. L’esemplare è privo di indicazioni cronologiche, ma alcune foto sono databili a partire dal 1865, visto che vi compaiono un omnibus a cavalli che sfreccia davanti alla Loggia dei Lanzi, in Piazza della Signoria - in servizio proprio da quell’anno - e la statua di Dante al centro di Piazza S. Croce a Firenze, scolpita da Enrico Pazzi nel 1865, anno in cui si celebrò, per la prima volta, il centenario della nascita di Dante Alighieri. Questo Album entrò nella Biblioteca degli Uffizi come “dono di casa Demidoff”, nel giugno 1975, dopo l’asta degli arredi della Villa Demidoff, a Pratolino, disposta dall’erede della famiglia, Paolo Karageorgevič, nel 1969.
Pavel Pavlovič e il gusto per il revival
Erede di Anatolij Demidov (1813-1870) fu il nipote Pavel Pavlovič (1839-1885), che abitò a Firenze, nella principesca Villa San Donato dal 1871 fino alla grande asta di gran parte delle collezioni artistiche ivi conservate, che egli dispose, nel 1880, per poi trasferirsi nella sua nuova residenza di Pratolino. Nel 1871 Pavel sposò, in seconde nozze, Elena Trubeckoj; l’anno successivo il Re d’Italia confermò il titolo di “Secondo principe e principessa di San Donato” ai coniugi Demidov, mentre lo Zar Alessandro II volle riconoscere questo titolo anche in Russia. In tal modo si intendeva dare continuità al legame fra i Demidov e Firenze, che già si era formato al tempo di Anatolij, primo principe di San Donato.
Anche Pavel Pavlovič, come lo zio, era un appassionato collezionista che arrivò ad accrescere ulteriormente il numero delle opere ed oggetti d’arte esposte a San Donato, rendendo la villa ancor più sfarzosa di quanto era stata al tempo di Anatolij, per poi disporre la vendita di gran parte delle collezioni alla grande asta di San Donato del 1880. Con Pavel, Villa San Donato divenne una sorta di “feudo” dei Demidov, una casa di rappresentanza delle immense ricchezze e dell’importanza acquisita dalla famiglia. Forse proprio per questo ed anche per abitare in una residenza dal clima meno opprimente rispetto a San Donato, nel 1872 Pavel Pavlovič decise di acquistare “a cancello chiuso” il parco e ciò che restava della villa medicea di Pratolino, passata in eredità ai granduchi di Lorena. L’antica villa medicea era ormai distrutta ed il parco e l’edificio superstite della Paggeria erano in condizioni di tale trascuratezza, che i restauri a Pratolino si protrassero per diversi anni. Pavel Pavlovič pensò, inizialmente, di costruire a Pratolino una nuova villa in “stile rinascimentale” e si rivolse, per questo, all’architetto francese Anatole De Baudot, allievo di Eugène Emmanuel Viollet Le Duc, con l’intenzione di fargli organizzare un concorso per la selezione del miglior progetto. Purtroppo, però, Pavel Pavlovic cambiò presto idea, ripiegando su un più semplice ampliamento dell’edificio della Paggeria. Fra gli esemplari di provenienza Demidov pervenuti agli Uffizi, spiccano quelli di alcune rinomate opere di Viollet Le Duc, come La cité de Carcassonne, con disegni di sua mano, opera pubblicata a Parigi nel 1778. Il grande architetto aveva riportato in auge l’arte medioevale e fu famoso per i restauri “in stile” delle grandi architetture religiose e civili francesi, come il restauro della Cattedrale di Notre Dame, a Parigi, e, appunto, la ricostruzione della doppia cinta muraria della cittadina di Carcassonne, nel dipartimento del fiume Aude, nella regione occitanica, a sud della Francia.
Mentre provvedeva ai restauri di Pratolino, Pavel Pavlovič attuò modifiche di vario genere anche all’interno della Villa di San Donato. Una delle più curiose fu il trasferimento della biblioteca Demidov lungo la navata dell’antica chiesa medievale di San Donato. La chiesa era stata acquistata, al tempo di Anatolij Demidov, perché confinante con la villa. Nel 1877 Pavel Pavlovič chiese ed ottenne, dalle autorità ecclesiastiche, l’autorizzazione di poter “profanare” l’edificio per potervi eseguire lavori di uso civile.
Pavel Pavlovič era un collezionista dal gusto ancor più eclettico di quello dello zio che, per San Donato, aveva acquistato molti oggetti d’arte medievale, come cassapanche, stoffe preziose ed armature. D’altra parte era nel gusto dell’epoca ricostruire interi ambienti “in stile” per evocare atmosfere di un Medioevo reinventato, più che reale. Così egli aveva fatto decorare la chiesa, che ospitava appunto la biblioteca, con antichi affreschi, restaurati e riportati su tavola, che ricordavano la nota leggenda popolare secondo la quale la chiesa di San Donato era stata consacrata il 2 febbraio 1187, giorno in cui un gruppo di cavalieri crociati, guidati da Pazzino de’ Pazzi, si erano lì riuniti per ricevere la benedizione del vescovo, prima di partire per il Santo Sepolcro. Inoltre, nella Villa San Donato egli aveva fatto aggiungere altri due ambienti che evocavano le gesta dei Crociati, decorati “in stile medievale”: la Sala di San Donato, con soffitto a cassettoni decorati con stemmi di cavalieri crociati e la Sala delle Armi, con soffitto decorato ad emblemi guerreschi. Non sorprende, quindi, trovare, fra gli esemplari provenienti dalla dispersa biblioteca di San Donato, un testo molto noto, all’epoca, come il Dictionnaire raisonné du mobilier français de l'époque carlovingienne à la Renaissance, un repertorio pubblicato a Parigi nel 1872, in cui l’architetto francese Viollet-Le-Duc descriveva accuratamente, con bellissimi disegni di sua mano, gli oggetti d’uso comune nel Medioevo: dai mobili, ai gioielli, all’abbigliamento, alle armi.
Nota dell'autrice: Nel testo si è preferito utilizzare la trascrizione in russo "Demidov" al posto della forma francese "Demidoff", largamente in uso in Toscana per tutto l'Otto e Novecento. Questa scelta è motivata da esigenze di correttezza storica e linguistica, e dalla necessità di una coerente divulgazione al pubblico internazionale.