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La decorazione pittorica di Luigi Ademollo nella Cappella Palatina

Collocazione
Cappella Palatina

Alla fine del Settecento Francesco Maria Antonio Luigi Adamolli detto Luigi Ademollo (Milano 1764 – Firenze 1849), pittore lombardo divenuto celebre a Firenze per aver dipinto il palcoscenico del Teatro della Pergola, ricevette dal governo granducale il compito di decorare l’ambiente al pianterreno di Palazzo Pitti, frutto del razionale riadattamento del Salone di Apollo, risalente all’epoca di Cosimo III e trasformato dai Lorena in Cappella Palatina.

Il suo intervento si svolse in due momenti separati da un lungo intervallo: la prima fase nel 1791-1793, quando egli completò gran parte degli ambienti: l’anticamera dedicata a soggetti veterotestamentari, come i Profeti e le Cariatidi in finto bronzo e la volta a padiglione con L’Arca di Noè, la cappella vera e propria con volta a botte dove è dipinta l’Assunzione della Vergine e le pareti laterali dove campeggiano a mo’ di quadri riportati i due finti arazzi con scene del Nuovo Testamento, incorniciati da un motivo a foglie d’acanto, infine i monocromi delle cantorie ed il coretto destro, destinato ai Sovrani, uno scrigno prezioso dove spiccano entro paesaggi arcadici, le placide raffigurazioni della Maddalena penitente e della Pastorella alla fonte.

L’opera compiuta dal milanese durante il primo periodo del suo soggiorno fiorentino favorì il superamento degli stilemi formali tardo-barocchi, determinando allo stesso tempo un innovativo innesto nel panorama artistico toscano di suggestioni tratte dai bassorilievi antichi, dalla tradizione manierista-michelangiolesca e da elementi figurativi neoclassici di stampo lombardo, il cui precedente erano state le imprese decorative dei fratelli plasticatori Giocondo e Grato Albertolli, realizzate a partire dal 1771 durante il granducato di Pietro Leopoldo, negli ambienti della villa di Poggio Imperiale, degli Uffizi e di Palazzo Pitti. Non a caso, Luigi Ademollo aveva frequentato il corso di Ornato tenuto da Giocondo Albertolli presso l’Accademia di Brera ed elementi del gusto antiquario del maestro lombardo confluirono nei decori realizzati per la Cappella Palatina: in particolare nelle inserzioni di cariatidi, sirene, intrecci mistilinei di panoplie, festoni all’antica ed elementi fitomorfi, secondo un linguaggio antichizzante che contribuì a rinnovare il gusto decorativo del Granducato di Toscana.

Per il compimento della seconda fase decorativa della Cappella regia si dovette attendere la fine della dominazione napoleonica e la restaurazione della sovranità Asburgo-Lorena, quando Luigi Ademollo, già impegnato nei cicli pittorici del piano nobile della reggia di Pitti, fu nuovamente chiamato tra il 1822 ed il 1823 a realizzare le pitture del coretto sinistro, sempre affidategli dallo stesso Ferdinando III, il quale ritornato dopo 15 anni di esilio a Firenze, aveva mantenuto inalterate la stima e la fiducia nei confronti del suo pittore di corte. In questa seconda tranche decorativa, il classicismo rigoroso e severo, che richiamava la pittura del francese Jacques-Louis David, lascia il posto ad una pittura sacra aggiornata sull’imitazione dei pittori del Quattrocento fiorentino, in linea con gli esiti delle contemporanee correnti puriste.

Una nota interessante riguarda la sperimentazione di tecniche pittoriche distinte nello stesso ciclo decorativo della Cappella Palatina, come emerso dai restauri del 2011: Ademollo lavorò prevalentemente ad affresco con i pigmenti stemperati nel bianco di calce negli spazi più ampi dell’ambiente, quali le volte, le lunette parietali e le pareti longitudinali, mentre nei due coretti sperimentò una sorta di pittura ad encausto a tempera stendendo sulla superficie muraria uno strato preparatorio liscio di gesso e colla, sul quale stese i colori mescolati con leganti organici, probabilmente uovo e olio, dando infine una mano di cera sopra le pitture. Nel 1834 lo stesso Ademollo diresse la ripulitura delle sue decorazioni, annerite dal fumo dell’incenso e delle candele.

Testo di
Elena Marconi
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