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John Brampton Philpot e la calotipia nella Firenze ottocentesca

John Brampton Philpot (Maidston 1812 - Firenze 1878)

Data
1855-1859 c.
Tecnica
calotipia (negativi formato 30-35 x 40-44 cm)
Inventario
Inv. Fotografico nn. 1131, 2390-2413, 5461, 70577, 70578 (calotipi); 406377-406404 (riproduzioni in pellicola positiva formato 13x18); 406405-406432 (riproduzioni in pellicola negativa formato 13x18)

Uno dei fiori all’occhiello del Gabinetto Fotografico degli Uffizi è senza dubbio il fondo dei 28 calotipi di John Brampton Philpot, fotografo inglese presente a Firenze forse sin dal 1850. Siamo agli albori della fotografia, nata nel 1839 con l’invenzione dei dagherrotipi; la capitale del Granducato è una delle prime città in cui la nuova tecnica si sviluppa e cresce sperimentalmente, attirando fotografi desiderosi di mettersi alla prova. Philpot è tra i primi a usare il procedimento della “calotipia”, trovando nel crescente numero di turisti inglesi la sua clientela favorita.

Sperimentato da William Henry Fox Talbot nel 1840, il nuovo metodo fissa l’immagine su un foglio di carta impregnata di ioduro d’argento e di una soluzione di acido gallico e nitrato d’argento. Il prodotto finale, detto calotipo, è un negativo impiegato per stampare in più copie il positivo su carta della stessa natura; rappresenta dunque la tappa successiva al dagherrotipo, costituito da una lastra d’argento o di rame e non riproducibile. Per via della porosità della carta, la calotipia produce immagini un po’ sfuocate, ma riesce a cogliere l’insieme meglio dei particolari.

I 28 calotipi di Philpot, realizzati tra il 1855 e il 1859, sono in seguito acquistati dalla direzione delle RR. Gallerie per essere esposti nel primo Museo Storico-Topografico Fiorentino, nato nel 1909. Essi raffigurano vedute di monumenti, lungarni e chiese di Firenze e dintorni, rappresentando, per qualità e valore documentario, una preziosa testimonianza paesaggistica di una città che da lì a pochi anni, in concomitanza con l’annessione al Regno d’Italia e successivamente con l’ascesa a capitale, avrebbe subito importanti cambiamenti urbanistici. Philpot si rivela un abile fotografo di architetture, con una particolare predilezione per la parte medievale della città e per le inquadrature del fiume. Il suo stile, influenzato dalla cultura romantica inglese, è caratterizzato da tagli volutamente asimmetrici dell’inquadratura e dall’adozione di un punto di vista dal basso; in più la tecnica della calotipia gli permette di utilizzare la naturale resa chiaroscurale del negativo di carta. Dalle sue fotografie trapela una tensione lirica che probabilmente nasce dalla consapevolezza di immortalare una città prossima a una trasformazione epocale.

Bibliografia

Firenze ottocentesca nelle fotografie di J.B. Philpot, a cura di M. Tamassia, Livorno 2002.

Testo di
Gianluca Matarrelli
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