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La Madonna del Granduca

Raffaello Sanzio (Urbino 1483 – Roma 1520)

Data
1506-1507 c.
Collocazione
Sala di Saturno
Tecnica
Olio su tavola
Dimensioni
cm 84,4 x 55,9
Inventario
1912 n. 178

La Madonna del Granduca è uno dei dipinti più celebri di Raffaello e una delle immagini identitarie della Galleria Palatina, il museo che custodisce il più alto numero al mondo di dipinti su tela e tavola del pittore urbinate.Si tratta di una delle opere più amate di Raffaello, dove l’artista dà prova della sua capacità di rendere immediata e umana la rappresentazione del sacro. Nella tavola la Vergine Maria è ritratta in piedi, col Bambino in braccio; rivolge malinconicamente lo sguardo verso il basso, porgendo il Figlioletto verso lo spettatore, invitandolo a contemplare quel viso dolcissimo e serioso. I gesti dei due personaggi sono misurati; tutta la composizione comunica, nella sua semplicità, la profonda relazione d’affetto che li lega e la dolorosa consapevolezza del futuro sacrificio di Cristo.Il quadro fu dipinto da Raffaello intorno al 1506-7, durante il suo soggiorno a Firenze tra il 1504 e il 1508, quando in città Michelangelo, Leonardo e fra Bartolomeo stavano producendo i loro capolavori. Proveniente da una formazione condotta presso il Perugino, il giovane Raffaello maturò in quegli anni, affrontando più volte il tema della Madonna col Bambino-anche con  san Giovannino o san Giuseppe-una maniera di dipingere più monumentale, una pittura più volumetrica ottenuta con un chiaroscuro sottile e sfumato derivatogli da Leonardo, incentivando la sua attenzione per le espressioni degli affetti verso una maggiore intensità emotiva. Per mettere a punto questo piccolo e prezioso dipinto l’Urbinate, a Firenze, potè attingere a un ricco bagaglio iconografico, quello delle innumerevoli Madonne col Bambino in terracotta, stucco, legno, marmo e anche bronzo che i maestri del Quattrocento come Donatello, Ghiberti, Luca della Robbia, avevano prodotto copiosamente per soddisfare l’esigenza di immagini devozionali da collocare nelle cappelle delle chiese, nei tabernacoli della strade e nelle stanze dei palazzi dei committenti. La composizione non nacque con il fondo scuro: gli esami radiografici svolti dall’Opificio delle Pietre Dure hanno rivelato che sotto il colore nero che avvolge le figure doveva esserci un interno con un pilastro a sostegno di arcate ed uno scorcio di paesaggio sulla destra, così come si vede nella Madonna dei Garofani, o nella Sacra Famiglia di San Pietroburgo: un’ambientazione che accentuava il tono domestico dell’immagine. E’ dunque plausibile che in un momento successivo a quando fu dipinta, per assecondare le esigenze del mutamento di gusto, si sia deciso di eliminare il fondo e di lasciare il solo gruppo centrale nel magnifico isolamento che oggi vediamo.

Il celebre dipinto, la cui committenza e provenienza sono ignote, prende il nome dal granduca Ferdinando III di Lorena (1769 – 1824), che ne autorizzò da Vienna l’acquisto tra l'autunno 1799 e l'inverno 1800, quando giunse a Pitti. Da qui non sarebbe mai più partita, salvo durante l’interregno napoleonico, quando Ferdinando la portò via con sé in esilio. La famiglia granducale vi fu particolarmente affezionata: al ritorno della corte in città fu infatti esposta nelle stanze private di Palazzo Pitti e il Granduca  permetteva di mostrarla in pubblico solo quando era assente da Firenze. Nel 1882 l’opera ha preso posto nella collocazione in cui la vediamo ancora oggi, nella Sala di Saturno.

Il Gabinetto dei disegni e Stampe degli Uffizi conserva lo studio compositivo di Raffaello per questa tavola.

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