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Madonna col Bambino (studio per la “Madonna del Granduca”)

Raffaello Sanzio (Urbino 1483 - Roma 1520)

Data
1504 c. - 1508
Tecnica
Pietra nera, sfumino, stilo su carta
Dimensioni
211 x 184 mm
Inventario
n. 505 E
Iscrizioni

Sul verso, in basso a sinistra, a penna, in grafia antica “Franciabigio” [parzialmente cancellato]; sul verso, in basso a destra, a matita “505 E”; sul verso, a matita, tracce di antiche annotazioni

Il disegno è uno studio compositivo per la tavola nota come “Madonna del Granduca” (Galleria Palatina, inv. 1912 n. 178), dipinta da Raffaello durante il suo soggiorno fiorentino (1504 c. – 1508).

In esso è possibile seguire il processo creativo dell’Urbinate che, prima di giungere alla soluzione pittorica definitiva, prese in considerazione diverse possibilità. In un primo momento l’artista inquadrò la Vergine e il Bambino in un paesaggio all’interno di una cornice inizialmente circolare, poi ovale; successivamente optò per una forma rettangolare, che corrisponde alla versione dipinta. Sul foglio la Madonna regge il Figlio con il suo braccio sinistro, mentre il destro giace sul grembo in una posa che richiama, come le vesti, la cornice circolare ideata nella prima fase. Nel dipinto il rapporto tra le figure è stato variato: la Vergine sostiene il Bambino con entrambe le braccia, il busto appare più frontale e le teste sono più ravvicinate, in una posa che denota una riflessione su modelli quattrocenteschi, in particolare il Perugino e Luca della Robbia. Il naturalismo dell’immagine è accentuato dalla conduzione grafica: un segno leggero a pietra nera modella le figure con un chiaroscuro accentuato che sembra derivare da Leonardo.

Le Madonne col Bambino risalenti al soggiorno fiorentino di Raffaello sono state lette come momenti essenziali della ricerca di una crescente monumentalità, di soluzioni compositive dinamiche e variate, dell’indagine delle “sottili gradazioni affettive”. Si coglie qui, inoltre, quello che Giorgio Vasari definiva “il dono della grazia delle teste” tramite il quale l’Urbinate riusciva a trascendere la varietà dei moti dell’animo individuali, giungendo a raffigurare, nelle opere sacre e di storia, tipi universali.

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