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Ritratto di Maria Teresa d’Asburgo, di Francesco I d’Austria e dei loro tredici figli

Martin van Meytens (Stoccolma 1695 – Vienna 1770)

Data
1756 c.
Collocazione
Sala dei Pappagalli
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
255 x 228 cm
Inventario
O.d.A. 1911 n. 1431

Del dipinto si conoscono tre versioni eseguite da Martin van Meytens, ritrattista ufficiale della casa d’Asburgo-Lorena, databili a partire dal 1754 ed eseguite a circa un anno di distanza l’una dall’altra. Questa esposta a Palazzo Pitti è l’ultima e presenta la famiglia al completo, compreso l’ultimogenito Massimiliano, mentre la prima conservata a Vienna nella reggia di Schönbrunn mostra solo undici figli, assente ancora Maria Antonietta che invece figura in quella intermedia, appartenente alle collezioni del Castello di Versailles.

Le tre tele sono del tutto simili, differiscono solamente nel numero crescente di bambini e in piccole variazioni rese necessarie da quel minimo di verosimiglianza ritrattistica richiesta a un’opera che doveva tuttavia in primis trasmettere l’immagine impeccabile e smaltata di una delle più potenti dinastie che ressero le sorti politiche d’Europa. Identica è la disposizione dei due capostipiti seduti sui troni, così pure l’apertura centrale che inquadra una veduta dell’ingresso di Schönbrunn, con i due obelischi coronati dalle aquile imperiali, e perfino la presenza dei “due canini che ruzzano”, come riportano gli inventari fiorentini, dettaglio che perde ogni accento di spontaneità nella ripetizione immutata attraverso gli anni.

Il quadro giunse a Firenze al seguito di Pietro Leopoldo, ritratto in piedi all’estrema destra, quando si trasferì da Vienna come giovane successore del padre Francesco Stefano, già primo granduca della dinastia lorenese regnante sulla Toscana a partire dal 1737. A differenza di costui, che investito del più prestigioso titolo di Sacro Romano Imperatore lasciò le sorti del Granducato in mano a dei reggenti, Pietro Leopoldo di Lorena regnò fino al 1790 con continuità e impegno, nonché spirito illuminato e riformatore. Ma il pregio del dipinto non risiede solo nell’iconografia, ma anche nella elevatissima qualità pittorica, esaltata dalla splendida cornice intagliata e dorata da Giovan Battista Dolci e Francesco Ristori, tra le migliori maestranze fiorentine alle quali si devono ulteriori arredi conservati a palazzo.

Testo di
Alessandra Griffo
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