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Testa virile dall’antico

Francesco Mazzola, detto il Parmigianino (Parma, 1503 - Casalmaggiore, 1540)

Data
1524 - 1527 c.
Tecnica
Penna e inchiostro
Dimensioni
131 x 110 mm
Inventario
334 S verso
Iscrizioni

Al centro a destra, a penna in grafia settecentesca, iscrizione indecifrabile;

in basso a destra, a penna, in grafia antica: “Varsaf.”

Nel Catalogo della cospicua collezione di disegni donata agli Uffizi nel 1866 dallo scultore Emilio Santarelli, pubblicato quattro anni dopo la donazione, il foglio inv. 334 S è descritto al numero 10 dei disegni di “Pierin Del -Vaga” in riferimento solo al recto, che raffigura eleganti ornati all’antica derivanti dal modello dei fregi a girali animati di piena età imperiale. Solo nel 2005 la rimozione del controfondo ha consentito di scoprire sul verso la Testa virile ascritta poi al Parmigianino.

Disegnata con ogni probabilità a Roma, in una fase in cui l’artista parmense era interessato a indagare le potenzialità grafiche della penna e le sue affinità con la tecnica del bulino, la Testa virile mostra caratteristiche fisionomiche che ricordano busti con il ritratto dell’imperatore Adriano o, ancora meglio, con l’imperatore Antonino Pio.

La posizione quasi di tre quarti e l’intensità dello sguardo, che si percepisce osservando le orbite incavate, sembrano ricondurre a un vero e proprio ritratto di un personaggio antico che, per quanto idealizzato, viene indagato in modo non convenzionalmente celebrativo.

Un modello come questo, adeguatamente rielaborato, potrebbe aver fornito lo stimolo iniziale per ideare, anche negli anni successivi trascorsi a Bologna dopo il Sacco di Roma del 1527, campioni ed eroi della cristianità destinati a dipinti sacri: si pensi a Saulo, sbalzato a terra dal suo cavallo, nella Conversione ora al Kunsthistorisches Museum di Vienna o al San Rocco nella basilica di San Petronio a Bologna, che ostenta la sua piaga e mostra una tipologia di eroe cristiano giovane e patetico, discendente da una medesima progenie classica.

Nel suo soggiorno a Roma, dunque, Mazzola scorgeva in certe opere antiche le origini di una nuova umanità, classica e cristiana insieme, destinata a offrire modelli anche per la pittura.

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