Viva l'Italia
Viva l'Italia
Il 17 marzo e Firenze
- 1/33Introduzione/1
Il 17 marzo del 1861 è la data ufficiale che sancisce la proclamazione del Regno d’Italia da parte di Vittorio Emanuele II, il quale con apposita legge assume per sé e per i suoi successori il titolo di sovrano del nuovo stato. Questo fondamentale evento della storia d’Italia che segna l’atto conclusivo dell’epopea risorgimentale, viene celebrato con una rassegna iconografica che, attingendo alle collezioni delle Gallerie degli Uffizi, intende illustrare attraverso la forza pregnante delle immagini – fotografie, stampe, dipinti e sculture – sia le vicende storiche che i protagonisti principali del Risorgimento, uomini e donne che con le loro azioni e i loro scritti contribuirono alla causa di una nazione unita ed indipendente dalla dominazione straniera e lottarono in prima persona per la sua concreta realizzazione politica.
Immagine: Giuseppe Garibaldi
Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, Raccolta Iconografica - 2/33Introduzione/2
La spedizione dei Mille ed il Concorso Ricasoli sono i due temi principali entro i quali si dipana questa narrazione per immagini: pittori e scultori aderirono infatti alla causa italiana aggiornando il proprio stile in senso moderno, sia nella forma che nei contenuti, dedicandosi non più soltanto alla descrizione della storia passata, ma piuttosto alle vicende attuali e raffigurando quindi soggetti militari e patriottici e persino di cronaca famigliare ispirati alle battaglie risorgimentali, eventi in alcuni casi vissuti in prima persona dato che alcuni artisti come Adriano Cecioni, Carlo Ademollo, Giuseppe Abbati ed altri vi parteciparono direttamente arruolandosi come volontari combattenti nelle Guerre di Indipendenza. Firenze fu l’epicentro della rivoluzione artistica: negli anni caldi del Risorgimento, guidati dalle idee di Mazzini, a favore di un’arte come manifestazione eminentemente sociale ed animati dal fervore patriottico legato alle imprese di Garibaldi, i giovani che si ritrovavano al Caffè Michelangelo decretarono con le loro opere che un vero rinnovamento artistico non potesse svolgersi che in una nazione libera dove l’arte fosse finalmente in grado di interpretare il pensiero di un popolo accomunato dalle stesse radici culturali.
Immagine: L'Italia e i suoi difensori, Firenze 1860 (frontespizio)
Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, Raccolta Iconografica - 3/33Sezione 1. L’Album dei Mille di Alessandro Pavia agli Uffizi: la donazione della “serie dei Mille Garibaldini”
Nel 1907 si tennero le celebrazioni per il centenario dalla nascita di Giuseppe Garibaldi, il grande condottiero della Spedizione dei Mille, che fu percepita da subito come un’epica impresa [1] e divenne nel tempo un vero e proprio mito fondativo del giovane stato italiano, unificato da meno di cinquant’anni, il 17 marzo 1861.
Nel 1908 una riproduzione dell’Album dei Mille - la serie fotografica che immortalava tutti i partecipanti alla gloriosa impresa - pervenne al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, inviata dal Ministero della Pubblica Istruzione a Roma. Pasquale Nerino Ferri [2] ne registrò l’arrivo in un puntuale resoconto indirizzato allo stesso Ministero, in cui annotava che la cosiddetta “Raccolta iconografica” presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi risultava accresciuta di un migliaio di ritratti in fotografie, incisioni e litografie “oltre la serie dei Mille Garibaldini donata da codesto on[orevo]le Ministero” [3].
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[1] RIALL 2007, pp.145-147; PIZZO 2011, pp. 32-33.
[2] PETRIOLI TOFANI 1983; ORBICCIANI 2007; FILETI MAZZA 2014; BASAGNI 2017.
[3] ASGF 1908; FILETI MAZZA 2014, p.119 - 4/33Sezione 1. L’Album dei Mille di Alessandro Pavia agli Uffizi: la donazione della “serie dei Mille Garibaldini”
Questa “serie dei Mille Garibaldini” consisteva di una successione di 75 tavole sciolte che riproducevano le pagine intere dei ritratti dei partecipanti alla Spedizione dei Mille di Garibaldi, con dodici ritratti per pagina, in formato carte de visite; tutte le tavole furono poi raccolte in una cartella in tela rossa recante il titolo Album dei Mille di Marsala con indice alfabetico [1].
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[1] GDSURI 1907; PIZZO 2004, p.17 - 5/33Sezione 1. L’Album dei Mille di Alessandro Pavia agli Uffizi: la donazione della “serie dei Mille Garibaldini”
L’esemplare tuttora conservato nella “Raccolta iconografica” del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi fu quindi corredato effettivamente anche di un indice manoscritto ordinato alfabeticamente, in cui accanto al nome di ogni persona fotografata era indicato il numero d’inventario attribuito al suo ritratto.
- 6/33Sezione 1. L’Album dei Mille di Alessandro Pavia agli Uffizi: la donazione della “serie dei Mille Garibaldini”
Ritratto di Alessandro Pavia
in Alessandro Pavia, Album dei Mille di Marsala, 1907, Museo Centrale del Risorgimento di Roma (MCRR), ms. 827
L’autore dell’Album dei Mille era il fotografo Alessandro Pavia [1] che ebbe lo studio fotografico a Genova e fu l’entusiasta ideatore del progetto di fotografare tutti i Mille fin dalla loro partenza dallo scoglio di Quarto, il 5 maggio 1860. Il Pavia dedicò il resto della sua vita al completamento di questa vera e propria “impresa” fotografica [2] sperando di ricavarne anche un successo commerciale che purtroppo non ci fu [3]. Il nome dell’autore non veniva citato perché, in tempi in cui ancora non si riconosceva alcuna responsabilità autoriale a chi eseguiva le foto, non era consuetudine farlo [4].
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[1] FICHERA 2017 (una sintesi di questo saggio, corredata di foto, è visibile online)
[2] PIZZO 2004, p. 7
[3] FICHERA 2017, pp.126-139
[4] FICHERA 2017, p.107 - 7/33Sezione 1. L’Album dei Mille di Alessandro Pavia agli Uffizi: la donazione della “serie dei Mille Garibaldini”
Ritratto di Timoteo Riboli
in Alessandro Pavia, Album dei Mille di Marsala
Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, Raccolta IconograficaL’esemplare conservato al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi sembra essere la riproduzione fotografica dell’Album dei Mille conservato presso il Museo Centrale del Risorgimento di Roma [1] elegantemente rilegato in pelle che appartenne a Timoteo Riboli [2], il medico di Garibaldi. Riboli aveva commissionato ed acquistato questo esemplare dell’Album da Alessandro Pavia, forse per corredare di ritratti di Garibaldini la prima edizione dell’opera I Mille di Garibaldi, pubblicata nel 1874 [3]. I ritratti però non vennero utilizzati nella pubblicazione e il medico decise quindi di trattenere per sé l’esemplare dell’Album [4]. Il Riboli non partecipò personalmente all’impresa garibaldina, ma troviamo ugualmente la sua foto in questo esemplare dell’Album che fu in suo possesso, nel gruppo dei “Meritevoli di stare in quest’Album” che furono inseriti dopo le foto dei partecipanti alla Spedizione [5].
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[1] MCRR 1863-1907
[2] PIZZO 2004, p.16
[3] GARIBALDI 1874
[4] FICHERA 2017, pp.141-142
[5] PIZZO 2004, p.16 - 8/33Sezione 1. L’Album dei Mille di Alessandro Pavia agli Uffizi: la donazione della “serie dei Mille Garibaldini”
Alessandro Pavia
Album dei Mille di Marsala1907
Museo Centrale del Risorgimento di Roma (MCRR), manoscritto n. 827Nel 1907 in occasione del già ricordato centenario della nascita di Garibaldi, l’Album dei Mille appartenuto al Riboli era stato esposto a Roma insieme all’esemplare con dedica che il fotografo Alessandro Pavia aveva donato allo stesso Garibaldi. A tal proposito il conte Domenico Gnoli, allora direttore della Biblioteca Vittorio Emanuele II, scrisse che il Ministero della Pubblica Istruzione “vedendo l’importanza della raccolta” aveva mandato “in Biblioteca il fotografo del Ministero a riprodurre tutti i ritratti” [1].
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[1] GNOLI 1910, in FICHERA 2014, pp.141-142.
- 9/33Sezione 1. L’Album dei Mille di Alessandro Pavia agli Uffizi: la donazione della “serie dei Mille Garibaldini”
Ritratto di Corrado Ricci
Domenico Trentacoste (Palermo 1859 - Firenze 1933)
1917
Placchetta fusa in bronzo
Palazzo Pitti, Galleria d’Arte Moderna, inv. Cat. Gen. n. 811
Dietro l’invio della riproduzione della serie fotografica dei Garibaldini alla “Raccolta iconografica” si intuisce l’interessamento di Corrado Ricci [1] che a Firenze aveva da poco trascorso tre anni di fervente attività come direttore delle Reali Gallerie - dal 1903 al 1906 – ed era quindi stato chiamato a Roma alla Direzione Generale delle Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione [2].La “serie dei Mille Garibaldini” era infatti riconosciuta all’epoca come il “monumento” fotografico [3] della Spedizione dei Mille e come tale poteva aggiungersi a buon titolo alla “Raccolta iconografica” di personalità illustri a cui il Ricci aveva voluto dare inizio presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi [4].
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[1] FILETI MAZZA 2014 p.115; SICOLI 2007; STROCCHI 2005; EMILIANI-DOMINI 2004.
[2] FILETI MAZZA 2014, p. 117.
[3] PIZZO 2004, p. 7; MARCENARO 1994, p.76.
[4] FILETI MAZZA 2014 p.115 e p.119; BASAGNI 2022, pp. 61-69. - 10/33Sezione 2. L’Album dei Mille, gli intellettuali e gli artisti
Ritratto di Giuseppe Cesare Abba
Fotografia in bianco e nero
Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, Raccolta IconograficaCesare Abba fu uno dei partecipanti più noti alla Spedizione dei Mille, autore di uno dei più celebri resoconti dell’impresa intitolato Da Quarto al Volturno: noterelle d’uno dei Mille, [1] che contribuì a creare l’immaginario collettivo della Spedizione. Le sue sono vere e proprie “immagini istantanee” [2] in forma scritta di particolari momenti dell’impresa, come questa della partenza dei Garibaldini dallo scoglio di Quarto con il piroscafo “Il Lombardo”, la mattina del 6 maggio 1860:
“Navigheremo di conserva, ma intanto quelli che montarono sul Piemonte furono più fortunati. Hanno Garibaldi. I due legni si chiamano Piemonte e Lombardo; e con questi nomi di due provincie libere, navighiamo a portare la libertà alle provincie schiave.[…] Si odono tutti i dialetti dell’alta Italia, però i genovesi e i lombardi devono essere i più. All’aspetto, ai modi e anche ai discorsi la maggior parte sono gente colta. Vi sono alcuni che indossano divise da soldato: in generale veggo facce fresche, capelli biondi o neri, gioventù e vigore […]” [3].
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[1] ABBA 1891; MARIANI 1960, pp. 10-13.
[2] MARCENARO 1994, pp.71-80.
[3] ABBA 1891; MARCENARO 1994, p. 72. - 11/33Sezione 2. L’Album dei Mille, gli intellettuali e gli artisti
Ritratto di Garibaldi
Giovanni Cadolini (Cremona 1830 - Roma 1917)
Seconda metà del XIX secolo
Olio su tela
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. Museo del Risorgimento n.120La “serie dei Mille Garibaldini” era considerata all’epoca il “monumento fotografico” della Spedizione dei Mille e, proprio per questo motivo, era stata spedita in dono agli Uffizi nel 1908: andava infatti ad accrescere la Raccolta iconografica di personaggi illustri che proprio Ricci aveva voluto avviare presso il Gabinetto Disegni e Stampe negli anni della sua direzione.
Alcuni artisti parteciparono in prima persona prima ai moti del 1848 poi seguirono Garibaldi nelle sue imprese.
È il caso di Giovanni Cadolini il quale, dopo aver combattuto con Giacomo Medici nel 1849, sia in Toscana che a Roma svolse un’intensa attività patriottica e fu arrestato per questo. Nel 1859 combatté nelle fila dei Cacciatori delle Alpi e seguì poi Garibaldi stesso nella spedizione dei Mille.
- 12/33Sezione 2. L’Album dei Mille, gli intellettuali e gli artisti
Ritratto di Gustavo Uzielli
Domenico Trentacoste (Palermo 1859 - Firenze 1933)
1904
Medaglione fuso in bronzo
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. Cat. Gen. n.781Gustavo Uzielli (Livorno 1839, Impruneta, Firenze, 1911) fu volontario garibaldino in più campagne militari. Matematico e storico della scienza interessato anche alle arti figurative contemporanee, nonché studioso di Leonardo, dedicò a Domenico Trentacoste sulla rivista "Emporium" un lungo e importante articolo, in cui faceva dello scultore l'interprete di una condizione filosofico-schopenhaueriana diffusa alla fine del secolo.
- 13/33Sezione 2. L’Album dei Mille, gli intellettuali e gli artisti
Lettera di un volontario del 1859
Giuseppe Moricci (Firenze 1806 - Firenze 1879)
1861
Olio su tela
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. 1890 n. 8526Accanto alla rappresentazione epica ed eroica della spedizione dei Mille, gli artisti si cimentarono anche nella descrizione della più intima dimensione famigliare, indugiando nella espressione degli affetti verso il garibaldino in procinto di partire per la guerra o in apprensione per le sorti di padri e figli impegnati a combattere al fronte.
Sulla falsariga della Lettera dal campo di Girolamo Induno, che aveva conquistato il pubblico alla prima Esposizione Nazionale tenutasi a Firenze nel 1861, anche il fiorentino Giuseppe Moricci fornisce qui un efficace esempio del nuovo genere tematico del quadro patriottico.
Nell’episodio in questione, il pranzo di una modesta famiglia è interrotto dall’arrivo di una lettera del figlio lontano portata da un soldato ferito. Il pittore ci rende partecipi dell’emozionante evento cogliendo benissimo le diverse reazioni dei presenti: dall’ansia della giovane che si appoggia al braccio del padre, alla preghiera accorata per le sorti del proprio caro dell’anziana madre in ascolto del vecchio padre che legge la missiva a voce alta.
- 14/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
Ritratto di Vittorio Emanuele II
Ludovico Papi (Firenze, notizie 1850 - 1870)
1861
Legno intagliato
Palazzo Pitti, Galleria d'arte moderna, inv. Mobili Palazzo Pitti (1911) n. 21815La proclamazione di Vittorio Emanuele II Re d’Italia è qui efficacemente simboleggiata attraverso le virtù e le gesta che lo resero glorioso. L’effigie del re Galantuomo campeggia al centro di questo medaglione variamente intagliato e scolpito con elementi emblematici del governo reale, tutti dettagliatamente descritti dall’autore stesso in una sorta di lunga didascalia che è stata sempre esposta al fianco del manufatto: sopra la testa del sovrano l’Aquila italiana avvinghia i rami di quercia e di alloro stretti da un nastro dove sono impressi i motti Virtù e Giustizia, a significare la Nazione Italiana che, riacquistato l’antico valore e afferrata la vittoria, si è procacciata un Regno di diritto e di gloria. La sottostante arme dei Savoia, sormontata dalla corona di ferro e sorretta da due figure alate, indica la propria appartenenza alla Dinastia del Monarca Italiano, mentre al di sotto l’aquila austrica soccombe sotto il peso delle battaglie trionfali di Palestro e San Martino, leggibili nelle scritte dorate entro clipei, così come le parole Unità, Libertà ed Indipendenza, che sanciscono la nascita della nuova nazione dalle rovine del nemico sconfitto.
Lo stemma della Città di Firenze indica il luogo di esecuzione di questa complessa allegoria, che fu tra i lavori premiati alla Esposizione Italiana del 1861, come ricordato dall’iscrizione apposta sotto il ritratto del sovrano.
- 15/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
Ritratto di Vittorio Emanuele a Napoli
Stampa
Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, Raccolta Iconografica'Lasciatemi fare l'Italia; se essa poi vorrà la repubblica, io mi ritirerò contento d'un cane da caccia e d'un fucile'
Attraverso la fotografia e le arti figurative, il sovrano promuove un’immagine di se stesso lontana dall’ufficialità paludata dei monumenti e delle sculture. Qui si presenta in tenuta da caccia con il fucile ed in compagnia dei suoi cani. L’iscrizione apposta alla stampa è significativa della sua disponibilità ad un eventuale buon ritiro nel caso il popolo avesse scelto diversamente. - 16/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
Bettino Ricasoli - Caricatura
Stampa
Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, Raccolta IconograficaNobile di antica famiglia, soprannominato il «barone di ferro» per la sua forza di carattere, Bettino Ricasoli aderì al partito liberale moderato fondando la rivista «La Patria» con Raffaello Lambruschini. Fu inizialmente avverso al governo popolare, durante gli eventi insurrezionali del 1848-49 e favorevole al ritorno del Granduca Leopoldo II. Il 1859 fu l’anno della svolta e Ricasoli fu tra i primi ad aderire al progetto di monarchia unitaria sotto casa Savoia, nonché il principale artefice dell’unione della Toscana al Regno d’Italia. Più volte nominato capo del governo e ministro, nel 1862 si ritirò temporaneamente a vita privata nel suo castello di Brolio per disaccordi con Vittorio Emanuele II. Grazie alla visita regale, Ricasoli si convinse a tornare alla politica attiva, facendo immortalare il ricordo dell’evento al pittore Luigi Norfini.
- 17/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
IL CONCORSO RICASOLI
Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta
Giovanni Fattori (Livorno 1825 - Firenze 1908)
1862
Olio su tela
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. Cat. Gen. n. 189Il 23 settembre 1859 il Governo Provvisorio della Toscana presieduto da Bettino Ricasoli bandì un concorso pubblico suddiviso in diverse sezioni, tutte accomunate dall'intento di celebrare l'annessione al Regno d'Italia attraverso le arti figurative, esaltando i sentimenti patriottici nel pubblico con immagini che glorificavano i principali protagonisti e ideologi del processo unitario ed illustravano gli episodi eroici delle battaglie risorgimentali, messi a confronto con soggetti di storia antica come temi messi a concorso, che si riferivano a momenti salienti della vita nazionale.
Fra le opere vincitrici del Concorso, quella più celebre è sicuramente la "Battaglia di Magenta" di Giovanni Fattori, frutto di una lucida riflessione sulle conseguenza della guerra sia per i vinti, che per i vincitori. Sullo sfondo della battaglia vera e propria appena conclusa, Fattori propone una visione antiretorica e umanissima della guerra e del valore dei sentimenti di compassione e di rispetto verso i vinti, in questo caso rappresentati dai soldati austriaci, generosamente soccorsi dalle suore di carità.
- 18/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
IL CONCORSO RICASOLI
Ritratto di Vincenzo Gioberti
Antonio Puccinelli (Castelfranco di Sotto, Pisa, 1822 - Firenze 1897)
Olio su tela
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. 1890 n.8754Nella sezione del Concorso Ricasoli dedicata ai Ritratti di Italiani Illustri morti nell’ultimo decennio, furono individuati sei personaggi che secondo il giudizio della commissione seppero efficacemente esprimere attraverso il pensiero e gli scritti il sentimento unitario e la passione risorgimentale.
Tra i vari candidati furono scelti i pittori che avevano già raggiunto la fama, come Antonio Puccinelli al quale fu commissionata l’effigie di Vincenzo Gioberti, qui raffigurato in una posa piuttosto convenzionale, in piedi accanto alla propria scrivania, circondato dai suoi libri incluso il trattato "Il Primato degli Italiani".
- 19/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
IL CONCORSO RICASOLI
Ritratto di Silvio Pellico
Luigi Norfini (Pescia, Lucca, 1825 – Lucca 1909)
olio su tela
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. 1890 n. 8752A Luigi Norfini fu invece affidato il difficile compito di raffigurare Silvio Pellico, impresa alla quale aveva in precedenza rinunciato Luigi Mussini. Il soggetto era infatti ritenuto poco adatto ad un ritratto, per la proverbiale magrezza e bruttezza del personaggio nonché per la mancanza di una buona documentazione fotografica. Norfini avrebbe piuttosto desiderato che gli venisse allogato il ritratto del poeta Giuseppe Giusti – ritratto poi da Ferdinando Rondoni - ma accettò chiedendo almeno di ambientare l’effigie nella prigione dove era stato a lungo recluso, ma la commissione preferì che Pellico fosse ritratto nel suo studio.
- 20/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
IL CONCORSO RICASOLI
Vittorio Emanuele riceve gli inviati toscani con il Decreto dell'annessione della Toscana al Regno d'Italia
Giovanni Mochi (Firenze 1831 - Santiago del Cile1892)
Olio su tela
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. 1890 n. 8529Pittore storico, paesaggista e ritrattista, Giovanni Mochi partecipò con questo dipinto al Concorso Ricasoli nel 1859 per il settore «Quadri Storici», risultando unico partecipante e quindi vincitore, pur dovendo poi sottostare alle esigenze della commissione che gli impose di ridurre drasticamente le dimensioni della tela e l’entità del suo compenso. La cerimonia ufficiale del 3 settembre 1859 è ambientata nella Sala consiliare del Palazzo Reale di Torino, nelle cui pareti di stoffa verde si riconoscono i ritratti di venerabili uomini di Chiesa dei Savoia, eseguiti da celebri pittori come Francesco Gonin. Al centro della composizione è Vittorio Emanuele II, vestito di gala riceve la delegazione del Governo della Toscana. Gli invitati toscani sono tutti raggruppati a sinistra, abbigliati con rendigote e cilindro in mano ed introdotti al monarca dal gran maestro di cerimonie, Ferdinando Arborio Gattinara, duca di Sartirana, in uniforme di corte. Il momento solenne scelto dal pittore è quello della lettura da parte del conte Ugolino della Gherardesca dell’atto del plebiscito del 20 agosto, con esisto favorevole all’annessione della Toscana al Piemonte. Gli altri membri della delegazione riconoscibili sono Scipione Bichi-Borghesi di Siena, nominato senatore nel 1860, l’avvocato Rinaldo Ruschi di Pisa, che fu uno dei membri del battaglione universitario del 1848 e, terzo da sinistra, Pietro Augusto Adani, direttore della banca centrale di Livorno e sovvenzionatore della Spedizione dei Mille, infine il prof. Giovan Battista Giorgini di Lucca, volontario nella Prima Guerra d’Indipendenza. Intorno al monarca, sulla destra sono riconoscibili i ministri del governo La Marmora-Rattazzi.
- 21/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
IL CONCORSO RICASOLI
Il marchese Fadini salva a Montebello il generale De Sonnaz
Luigi Bechi (Firenze 1830 - 1919)
olio su tela
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. 1890 n. 8527Durante la carica della cavalleria piemontese contro le truppe austriache inviate dal maresciallo Gyulai avvenuta presso Montebello il 20 maggio 1859, il marchese Fadini, cremonese, volontario nella cavalleria sabauda, salvò la vita al colonnello De Sonnaz, che ebbe funzioni di generale durante la battaglia ed ordinò la carica contro gli austriaci.
Questo l’episodio eroico è narrato con uno stile vivace ed accattivante che ne decretò la grande popolarità presso il pubblico, giunto ad ammirarlo quando fu esposto assieme agli altri tre bozzetti premiati al Concorso Ricasoli nella sezione dedicata agli «Episodi di soggetto militare dell’ultima guerra».
- 22/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
Ritratto di Ubaldino Peruzzi
Egisto Sarri (Figline Valdarno, Firenze, 1837 - Firenze 1901)
Olio su tela
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. Depositi Gam n. 130Membro del Parlamento Toscano nel 1848, dal quale si allontanò per un periodo dopo la cacciata del granduca Leopoldo II, Ubaldino Peruzzi fu capo del governo moderato toscano e favorì con la sua politica l’annessione della regione al Piemonte. La fedeltà alla causa sabauda gli permise di ricoprire importanti incarichi nel governo nazionale. Fu infatti ministro dei lavori pubblici nel 1861-1862 nei governi Cavour e Ricasoli e poi ministro dell’Interno dal 1862 al 1864.
Questo ritratto, donato da Egisto Sarri al Comune di Firenze il 27 aprile 1892, si inserisce nella serie di ritratti di illustri personaggi che il Ministero dell’Istruzione aveva commissionato a molti artisti fiorentini, come Niccolò Tommaseo e De Fabris, realizzati dallo stesso Sarri per gli Uffizi.
- 23/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
Il genio di casa Savoia presenta la Nuova Italia alle città
Annibale Gatti (Forlì 1827 - Firenze 1909)
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. Giornale 5846
Nella breve stagione di Firenze Capitale del nuovo regno d’Italia, Vittorio Emanuele scelse come residenza fiorentina la Palazzina della Meridiana, posta al piano nobile di Palazzo Pitti e attuale sede del Museo della Moda e del Costume. Annibale Gatti fu incaricato di affrescare la Sala del Trono con l’Italia che prende posto insieme alle Nazioni guidate dal Genio di Casa Savoia mentre ai lati su due riquadri monocromi campeggia lo stemma sabaudo. Sulla cornice in stucco dorato, intervallati dal motto sabaudo FERT, sono impressi i nomi di ventiquattro città italiane dove si sono combattute le battaglie risorgimentali. Il bozzetto che presentiamo, costituisce una preziosa testimonianza del processo creativo del Gatti, che, sempre optando per la chiave allegorica, aveva inizialmente raffigurato l’Italia seduta con la figura alata del Genio che la introduce alle altre nazioni. Solo nella versione definitiva il pittore scelse di rappresentarla mentre incede imponente e maestosa, preceduta dal Genio alato che sventola il vessillo della dinastia Savoia.
- 24/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
Ritratto di Vincenzo Salvagnoli
Vincenzo Rasori (Bologna 1793 - Firenze 1863)
olio su tela
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. 1890 n. 3317Il politico e giurista empolese Vincenzo Salvagnoli (1802-1861), uno degli esponenti di spicco del processo unitario, è ritratto mentre mostra orgogliosamente la medaglia appuntata al petto con la scritta CONSIGLIO/GENERALE/1848 e con l’altra stringe lo Statuto che fu inizialmente concesso dal governo lorenese come segno di apertura verso i liberali toscani. Il dipinto offre un’efficace testimonianza della sua militanza politica e partecipazione al Gabinetto Ricasoli nel 1859 di cui fu ministro degli Affari Ecclesiastici. Salvagnoli fu tra i sei componenti del governo provvisorio toscano ai quali, pur senza appartenere all’aristocrazia per nascita, fu concesso il titolo nobiliare per decisione sovrana, in segno di gratitudine – come si legge nel decreto datato 25 aprile 1860 – “per il modo con cui […] fece parte del Governo della Toscana e benemeritando dello Stato seppe prepararlo e dirigerlo a costituire un forte Regno Italiano”. A ciascuno dei nuovi ammessi alla nobiltà toscana, tra i quali figurava anche Cavour, fu legato uno stemma di famiglia a quale fu aggiunto un leone nascente d’oro che tiene levata in alto la bandiera italiana, per lasciare ai posteri memoria dei meriti acquisiti verso l’Italia. L’autore del quadro, Vincenzo Rasori, educatosi all’Accademia di Belle Arti di Bologna, città dove era nato e perfezionatosi a Roma, rivela un rigore formale di ispirazione purista che ben si adatta all’impostazione ufficiale del ritratto, presumibilmente commissionatogli subito dopo la morte dell’effigiato, per essere inserito nella raccolta iconografica degli Uffizi dove dopo la seconda guerra mondiale, era esposto, nel Corridoio Vasariano.
- 25/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
Ritratto di Domenico Guerrazzi
Antonio Ciseri (Ronco sopra Ascona, Svizzera, 1821 - Firenze 1891)
Olio su tela
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. 1890 n. 3306Nato a Livorno nel 1804, Guerrazzi fu fervente patriota nutrito di ideali repubblicani e per queste sue idee democratiche fu arretato varie volte. Nel 1848-39 fu membro del Governo Provvisorio della Toscana, assieme a Giuseppe Montanelli e Giuseppe Mazzoni, costituendo una sorta di triumvirato, dopo che il Granduca era fuggito alla volta di Napoli. Il ritorno del Granduca ne determinò l’arresto e l’esilio in Corsica dove, abbandonata la politica si dedicò all’attività letteraria. Guerrazzi fu autore di romanzi storici di successo tra i quali L’assedio di Firenze pubblicato nel 1836 e censurato per le critiche contro il papato e l’impero.
Questo dipinto del 1874 è l’unico ritratto del Guerrazzi dipinto quando egli era ancora in vita. Fu eseguito da Antonio Ciseri che gli era legato da profonda amicizia, e, malgrado le divergenze di idee politiche, lo accoglieva nel suo studio instaurando con lui vivaci dibattiti sull’arte.
- 26/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
Teresa Adimari Morelli
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Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, Raccolta IconograficaTeresa Adimari Morelli (1818-1900) sposò il cugino Ferdinando Bartolommei affiancandolo fin dai primi anni di matrimonio nella militanza politica e appoggiandolo nell’azione politica a favore dell’unità nazionale sotto l’egida sabauda.
Rimasta vedova nel 1879 con quattro figlie, dovette superare le difficoltà economiche dovute al dissesto del patrimonio famigliare che aveva risentito gravemente dell’impegno dei due coniugi per la causa nazionale.
- 27/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
Ferdinando Bartolommei
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Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, Raccolta IconograficaEsponente di una nobile famiglia toscana, nel 1843, sposò Teresa Adimari Morelli, che gli restò accanto per tutta la vita, e fu suo valido sostegno nelle sue vicende umane e politiche. Il circolo politico che si riuniva nel suo palazzo di via Lambertesca ed era composto in prevalenza da esponenti del partito democratico, oltre alla diffusione di scritti ritenuti sovversivi dalla censura granducale, costarono al marchese Bartolommei una condanna a sei mesi di reclusione, poi commutata in un anno di esilio da lui trascorso con la famiglia prima a La Spezia ed in seguito a Torino dove ebbe modo di conoscere Cavour e Massimo D’Azeglio.
Ferdinando Bartolommei fu tra i fautori della rivoluzione fiorentina del 27 aprile 1859 con lo scopo di rovesciare il governo lorenese e ottenere l’annessione della Toscana al regno asburgico di Sardegna, in vista della costituzione del regno d’Italia. Collaborò attivamente alla politica unitaria di Bettino Ricasoli e, subito dopo la Rivoluzione, ricoprì il ruolo di Gonfaloniere di Firenze fino al 1864.
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Ritratto di Camillo Benso Conte di Cavour
Saverio Cornevoli (notizie seconda metà XIX secolo)
post 1864
Olio su tela
Palazzo Pitti, Galleria d’arte moderna, inv. 1890 n. 3302Uomo politico, ministro dell’Agricoltura, del Commercio e delle Finanze, Camillo Benso Conte di Cavour fu spesso associato a Giuseppe Mazzini e a Giuseppe Garibaldi nel racconto risorgimentale. Tuttavia, malgrado le sue scelte politiche giocassero un ruolo determinante per gli esiti delle guerre di Indipendenza a cominciare dai cruciali accordi di Plombières stipulati con la Francia, Cavour non ebbe mai la popolarità dell’Eroe dei Due Mondi e fu raramente oggetto di ispirazione per gli artisti, generalmente restii a ritrarre un personaggio così poco affascinante nell’aspetto fisico.
A pochi mesi dalla scomparsa del conte, nel novembre del 1861, Francesco Hayez, fu incaricato di eseguirne il ritratto per l’Accademia di Brera, in segno di “affetto e di riverenza verso il grande uomo di Stato” e non a caso fu scelto il pittore “che nell’arte era il precipuo vanto dell’Accademia e del paese”. In continuità con le effigi di altri illustri italiani contemporanei – da Manzoni ad Antonio Rosmini a Massimo d’Azeglio – anche in questo caso il grande maestro riuscì a superare la fredda convenzionalità del ritratto ufficiale, offrendo agli ammiratori di uno dei padri della patria del giovane Regno di’Italia, un’immagine talmente essenziale e diretta da risultare antiretorica, sebbene Hayez non avesse conosciuto personalmente Cavour. Il pittore infatti fu costretto a ricorrere alla maschera mortuaria del ritrattato, conservata nel proprio studio, ma anche ad alcuni modelli fotografici. La critica novecentesca ha rivalutato il quadro, cogliendone la capacità di penetrazione psicologica, evidente nello sguardo scrutatore che Cavour indirizza al suo interlocutore senza lasciarsene avvedere. Con la collocazione del dipinto nella Sala delle Adunanze del Consiglio di Brera avvenne la consacrazione di una delle icone del Risorgimento. Queste replica deriva proprio dal modello realizzato dal grande maestro veneziano.
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Busto di Giuseppe Mazzini
Adriano Cecioni (Fontebuona, Firenze, 1836 - Firenze 1886)
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. Cat. Gen. 707Nell’immediato decennio post unitario che seguì il periodo eroico delle lotte per l’indipendenza, il governo mirò ad una politica di celebrazione del mito risorgimentale che ebbe il suo apice con l’Esposizione del Risorgimento tenutasi a Torino nel 1884 sotto l’egida dei sovrani Umberto I e Margherita di Savoia, mirante ad alimentare la leggenda patriottica, celebrando non soltanto Garibaldi e Vittorio Emanuele II, ma anche Giuseppe Mazzini ed altre glorie patrie.
Molti artisti ed intellettuali, delusi dall’assetto politico dell’Italia unita, dopo il fallimento degli ideali democratici e repubblicani, ravvisarono in questa tendenza celebrativa solo una propaganda di facciata. Lo dimostra con questo busto il macchiaiolo Adriano Cecioni, il quale, già arruolatosi volontario nella seconda Guerra d’Indipendenza, era sì vicino agli ideali mazziniani ma altrettanto alieno da qualsiasi retorica celebrativa voluta dal governo sabaudo.
Lo scultore riesce ad infondere nel suo Mazzini l’austera fermezza del pensatore politico, derivandone le fattezze da una foto di quel grande personaggio scattata tra i cinquanta e sessanta anni di età.
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Garibaldi a Caprera
Pietro Senno (Portoferraio, Isola d’Elba, 1831 - Pisa 1904)
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. Giornale n.1083Garibaldi riuscì ad alimentare intorno alla sua figura il mito dell’eroe universale, sempre vicino al popolo ed alle sue sofferenze e disposto a combattere per le libertà democratiche. Questa grandissima popolarità, superiore a qualsiasi altro protagonista del nostro Risorgimento, determinò un’ampia diffusione della sua immagine attraverso dipinti, sculture stampe popolari, che lo ritraggono esaltando le caratteristiche inconfondibili dell’aspetto fisico e dell’abbigliamento, compreso il fascino pittoresco della camicia rossa, del poncho, del fazzoletto stretto intorno alla gola. Molti artisti si ispirarono alla serie di fotografie che lo rappresentavano in varie attitudini, evitandogli estenuanti sedute di posa, non certamente amate da un personaggio di azione e schivo.
In questo dipinto il generale è rappresentato in atteggiamento cupo e meditabondo, seduto sulle rocce assolate del Sud, col capo scoperto, la camicia rossa sotto il pastrano, una mano che stringe la gamba destra, ferita in Aspromonte. mentre con l’altra si appoggia alla gruccia che ha sostituito la spada. Il pittore originario di Portoferraio Pietro Senno ma legato agli ambienti macchiaioli toscani, ha saputo cogliere il momento del ripiegamento del generale a Caprera dove si ritirò come un novello Cincinnato dopo le tante battaglie, deluso per il fallito tentativo di risolvere la questione romana per via rivoluzionaria, stroncato dall’esercito regolare il 29 agosto 1862.
Sulla destra si nota una piccola casa bianca: costruita negli anni dallo stesso Garibaldi è emblema di vita semplice e lontano dal clamore della fama.
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Bersaglieri che conducono prigionieri austriaci
Silvestro Lega (Modigliana, Forlì, 1826 - Firenze 1895)
Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna, inv. Cat. Gen. n. 173Non stupisce che a rappresentare soggetti militari si sia cimentato anche Silvestro Lega, in prima fila nell’adesione agli ideali del Risorgimento, assieme ad altri protagonisti della macchia come Giovanni Fattori, Telemaco Signorini e Odoardo Borrani. Lega fu fervente mazziniano, autore di proclami incendiari contro gli Austriaci, e arruolato volontario a Montanara nel 1848. Il pittore finì poi per decidere di non combattere nella seconda guerra di Indipendenza, poco convinto verso una campagna promossa dalla dinastia sabauda, mentre il suo auspicio era piuttosto quello di un definitivo assetto repubblicano dell’Italia unita.
Dopo aver partecipato al Concorso Ricasoli con un dipinto di storia contemporanea, Lega si ispira anche qui ai recenti eventi bellici, attraverso una rappresentazione limpida e solenne, ma del tutto aliena da qualsiasi tono enfatico e retorico.
Scheda operaBersaglieri che conducono prigionieri austriaciGalleria d'Arte Moderna | Palazzo Pitti - 32/33Sezione 3. Le campagne risorgimentali: i protagonisti
A Volterra
Michele Tedesco (Moliterno, Potenza, 1834 - Napoli 1917)
Firenze, Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna
Inventario Galleria d'Arte Moderna/Catalogo Generale n.104Ad attestare la sua adesione agli ideali risorgimentali, il pittore di origini lucane Michele Tedesco raffigura qui un gruppo di soldati garibaldini in un momento di breve sosta, nei pressi della porta del Castello di Volterra. Stilisticamente il quadro documenta la partecipazione del pittore alle istanze di rinnovamento del linguaggio figurativo in senso anti accademico portate avanti dal gruppo degli amici macchiaioli – Abbati, Cambianca, Borrani – assidui frequentatori con lui del caffè Michelangelo a Firenze e spesso ospiti della tenuta del critico Diego Martelli a Castiglioncello, alla cui collezione il quadro di Tedesco apparteneva.
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Viva l'Italia
Crediti
A cura di Carla Basagni, Elena Marconi
Coordinamento organizzativo: Francesca Sborgi
Editing web: Andrea Biotti, Lorenzo Cosentino e Patrizia Naldini
Traduzioni: Way2Global srl.
Crediti fotografici: Roberto Palermo; Museo Centrale del Risorgimento di Roma (nn. 7, 8)
Data di pubblicazione: 17 marzo 2023