Giardino di Boboli
Lo spettacolo itinerante prodotto dalle Gallerie degli Uffizi e da Archètipo a.c., e andato in scena nel Giardino di Boboli il 6 settembre 2021 in occasione delle celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante. Il viaggio del Poeta alla scoperta di luoghi celebri (ed altri più insoliti) della Commedia...e del Giardino di Boboli.
La Porta dell'Inferno ammonisce i peccatori. È stata creata dalla giustizia divina ed è ancora priva dei battenti perché Cristo trionfante la scardinò quando scese nel Limbo per trarne fuori i patriarchi biblici. Nel II cerchio, invece, sono puniti i lussuriosi, coloro che hanno sottomesso la ragione ai sensi. Sono condannati ad essere trascinati da una bufera senza fine da un lato all'altro del cerchio. Tra loro anche i morti violentemente per amore, fra cui Paolo e Francesca.
VII cerchio, II girone. Nella selva dei suicidi le Arpie straziano i "violenti contro se stessi" e i dissipatori di beni
VII cerchio, III girone. I "violenti contro Dio nella natura" sono condannati ad essere bruciati da una pioggia di fuoco
VIII cerchio, III girone. I "violenti contro Dio nell'arte" - qui intesa come mestiere e professione, frutto della buona operosità umana che viene da Dio - sono accucciati sotto una pioggia di fuoco con al collo una borsa che reca impresso lo stemma di famiglia
VIII cerchio (Malebolge), III bolgia. I simoniaci, coloro che in vita vendettero beni e cariche ecclesiastiche dimostrando il loro attaccamento ai beni terreni, continuano ad essere letteralmente attaccati alla terra, venendo conficcati a testa in giù con un'aureola di fuoco che brucia loro i piedi
VIII cerchio (Malebolge), V bolgia. I barattieri, coloro che hanno abusato in vita di cariche pubbliche per arricchirsi (reato di cui fu ingiustamente accusato anche il Dante storico), sono immersi nella pece bollente e molestati da diavoli neri (Malebranche) che strappano con gli uncini le carni dei dannati
VIII cerchio (Malebolge), VII bolgia. I ladri corrono nudi e terrorizzati in mezzo a orripilanti serpenti di ogni tipo, di una mostruosità sconosciuta sulla Terra. Legano ai dannati le mani dietro la schiena e avvolgono con le spire i loro corpi annodandoglisi sul ventre mentre quelli subiscono orribili trasformazioni
VIII cerchio (Malebolge), IX bolgia. "Il modo della nona bolgia sozzo" consiste nel sottoporre a supplizio coloro che si adoperarono per lacerare l'ordine costituito (religioso, sociale o politico). Come in vita si dedicarono a "dividere", la loro pena adesso è di essere "divisi", mutilati, sventrati ed eviscerati da un Diavolo con la spada.
IX cerchio (Cocito), Caina. I dannati della prima zona del cerchio, detta Caina dal nome del fratricida biblico, sono condannati ad essere imprigionati nel lago ghiacciato di Cocito da cui emergono solo le loro teste, rivolte verso il basso
IX cerchio (Cocito), Antenora. Coloro che si accordarono con i nemici a danno della propria fazione o contro il proprio paese, come il troiano Antenore fece con gli achei e come Bocca degli Abati fece con i guelfi, sono costretti ad essere immobilizzati fino al collo nel lago ghiacciato di Cocito, ma con la testa alzata affinché un vento gelido procuri loro ancora più dolore
Il Canto II del Purgatorio inizia con l'Angelo nocchiero che traghetta le anime dei morti in grazia di Dio, dalla foce del Tevere alla spiaggia del Purgatorio, da dove i penitenti inizieranno la loro ascesa al monte. Qui Dante incontra l'amico Casella, un musico a cui era sinceramente affezionato in vita, e che gli intona i celebri versi di una canzone.
Ai piedi della montagna del Purgatorio Dante incontra le anime di coloro che sono morti dopo essere stati colpiti da scomunica e che devono aspettare trenta volte il tempo in cui sono stati riottosi contro la Chiesa prima di potersi purificare
Nella seconda balza dell'Antipurgatorio coloro che, uccisi, si sono pentiti in extremis cantano il Miserere invocando la misericordia divina e chiedono a Dante di riferire di loro ai vivi
Nella seconda balza dell'Antipurgatorio, Dante incontra anche Bonconte da Montefeltro il cui cadavere ferito a morte nella Battaglia di Campaldino, fu conteso tra un angelo e un diavolo, e quindi disperso da una tempesta diabolica in Arno, dove non fu mai ritrovato
Tra i morti uccisi che hanno rimesso l'anima a Dio nel momento del trapasso, figura anche Pia de'Tolomei, defenestrata, secondo la tradizione, dal marito, forse per punire una presunta infedeltà di lei o forse per poter essere libero di sposarsi in seconde nozze
In una valletta dell'Antipurgatorio Dante incontra tutti quei sovrani e signori che, troppo presi dalle brame del potere e delle cose terrene, trascurarono, in vita, i loro doveri spirituali e la loro missione politica verso i sudditi. Intonano a un'unica voce il "Salve Regina" in attesa della purificazione. Corrado Malaspina chiede a Dante notizie del suo casato in Lunigiana, e gli predice che farà esperienza diretta, e non solo per sentito dire, del suo buon nome. In effetti, Dante fu ospite dei Malaspina durante il suo esilio nell'ottobre 1306, un evento tutt'oggi ricordato da un affresco ottocentesco nel Castello di Fosdinovo.
Nella prima cornice del Purgatorio Dante trova i superbi, costretti a camminare in cerchio sotto il peso di enormi macigni mentre recitano il Padre Nostro. Oderisi da Gubbio, famoso miniatore del XIII secolo, ricorda che la fama, che egli ricercò in vita, è destinata all'oblio tra gli uomini, un destino a cui saranno sempre condannati anche i più grandi, come già è stato per Cimabue con Giotto, o per Guinizzelli con Cavalcanti.
V cornice. È l'unico caso in cui i peccatori scontano nello stesso luogo la stessa pena sebbene per peccati opposti. Entrambe le schiere, degli avari e dei prodighi, sono legate faccia a terra con le spalle rivolte al Cielo così come in vita furono attaccate ai beni materiali rifuggendo l'esempio di Cristo. Intonano il versetto del Salmo CXVIII, "Adhaesit pavimento anima mea", di giorno raccontano esempi di liberalità e di povertà, la notte storie di avarizia punita. Tra loro Papa Adriano V, che Dante scambiò quasi certamente con la figura storica di Adriano IV, di cui era nota la proverbiale avidità.
VI cornice. I golosi sono tormentati da fame e sete continue provocate dal profumo dei frutti che pendono da due alberi e dallo sgorgare di una fonte che da una roccia sale verso l'alto. Bonagiunta Orbicciani fu poeta attivo nella seconda metà del XIII secolo e qui rappresenta l'iniziatore di quella Scuola poetica medievale, nota come siculo-toscana, che con lui si pose in aperta polemica con il nuovo modo di poetare della cosiddetta Scuola stilnovistica a cui apparteneva lo stesso Dante. Bonagiunta dedicò infatti al suo capofila, Guido Guinizzelli, un sonetto polemico dal titolo "Voi ch'avete mutata la mainera", in cui criticò apertamente il carattere concettoso e astruso delle "nove rime" d'amore, che solo ora, dopo la sua morte, dichiara di comprendere a pieno. In questo Canto si trova peraltro l'unica attestazione dantesca dell'espressione "dolce stil novo", a indicare un nuovo modo di poetare e di intendere la lirica amorosa, distinto da quello della tradizione precedente.
VII cornice. Due schiere di penitenti camminano l'una in senso opposto all'altra cantando l'inno Summae Deus clementiae lungo un muro in fiamme, simbolo della passione amorosa che li ha consumati in vita. Sono i lussuriosi "secondo natura" e "contro natura", che quando si incontrano si scambiano baci e gesti di affetto, e si raccontano esempi di castità e lussuria punita. Arnault Daniel fu un famoso poeta provenzale vissuto a cavallo fra XII e XIII secolo, maestro dello stile "trobar clus" ("stile poetico difficile"), caratterizzato da virtuosismi metrici e tecnicismi complessi, a cui molti stilnovisti guardarono come a un modello, compreso lo stesso Dante, che lo adottò nelle sue "Rime Petrose". La lussuria di Daniel non è attestata storicamente. Del resto Dante collocava anche Guinizzelli (e se stesso) tra i lussuriosi, alludendo probabilmente al fatto che anche semplicemente dedicarsi alla lirica amorosa costituisse una prova di attaccamento ai piaceri terreni. Nella parte finale del Canto, Arnault Daniel parla nella sua lingua madre, la lingua d'oc, che evidentemente Dante sapeva padroneggiare assai bene. È l'unico caso della Commedia in cui il poeta fa parlare un personaggio in lingua straniera.
Appena entrato nel Giardino dell'Eden, Dante scorge, sulla riva opposta del fiume Lete che gli sta sbarrando il cammino, la bella Matelda, sulla cui identità gli studiosi hanno avanzato diverse ipotesi, anche se non è escluso che possa trattarsi di un personaggio immaginario, frutto della fantasia del Poeta. Su richiesta dello stesso Dante, Matelda spiega perché esistano e come si generino l'acqua e il vento nel Paradiso Terrestre. E conclude ricordando la funzione del fiume Lete, che nasce direttamente da Dio e ha il compito di far dimenticare i peccati commessi a chi si appresta ad entrare in Paradiso, mentre un altro fiume, l'Eunoè, rafforza il ricordo del bene compiuto.
Alla fine del Paradiso Terrestre, Dante incontra Beatrice, circondata da schiere di angeli e nubi di fiori. È assisa su un carro trionfale (la Chiesa) trainato da un grifone (Cristo) al centro di un corteo mistico, dove le diverse figure assumono una precisa valenza allegorica (fra cui i 24 libri dell'Antico Testamento, i 4 Vangeli, le 7 virtù teologali e cardinali e così via). Come una madre con un figlio, Beatrice redarguisce duramente Dante. Lo rimprovera di essersi abbandonato alle cose del mondo, ricercando, dopo la morte di lei, la sua figura in altre donne, quando invece il suo esempio, una volta trapassata, avrebbe dovuto spingerlo piuttosto ad elevarsi maggiormente verso le gioie dello spirito.
Nel primo Cielo della Luna del Paradiso, Dante si rivolge a delle anime dall'aspetto evanescente come riflessi d'acqua, fra cui splende lo spirito di Piccarda Donati, suora dell'ordine delle Clarisse che fu rapita con la forza dal monastero in cui si trovava dal fratello Corso, che, per ragioni di opportunità politica, volle darla in sposa contro la sua volontà al potente compagno di fazione, il guelfo nero Rossellino della Tosa. Gli spiriti difettivi sono quelli che, sotto l'influsso dell'incostante Luna, che secondo la tradizione altera la volontà, non hanno mantenuto le promesse fatte. Piccarda figura fra questi spiriti perché non ha tenuto fede, seppur suo malgrado, al voto di castità. Il Poeta le chiede se abitare il grado più basso di beatitudine le provochi sofferenza, ma la donna risponde che le anime del Paradiso sono felici perché la loro volontà si conforma totalmente a quella di Dio.